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editoriali
Il Napoli si presenta in finale giocando contro i probabili futuri campioni d'Italia, che sono al completo (manca il solo Cuadrado), hanno una continuità tecnica (Inzaghi) e una migliore preparazione atletica. E si presenta con un allenatore subentrato ad uno sciagurato Garcia e con in campo Mazzocchi, Juan Jesus, Cajuste e Zerbin. Senza Anguissa, Osimhen, Zielinski, Mario Rui, Olivera, Natan e Meret. Dopo i primi 45 minuti non abbiamo fatto neanche un tiro nello specchio della porta, ma loro nemmeno. Possesso palla, 47% Napoli e 53% Inter. Equilibrato.
Difficile, oggi chiedere di più. Comincia la ripresa con i vergognosi fischi sul minuto di raccoglimento per la scomparsa di Gigi Riva; riflessi dell'andare a giocare la Supercoppa Italiana in Arabia. E dopo un primo tempo in cui l'arbitro decide che il dialogo è molto meglio che sventolare cartellini (altrimenti avrebbe dovuto buttar fuori Calhanoglu un paio di volte), lo stesso cambia idea, dal momento che l'Inter non riesce a sfondare. E distribuisce cartellini a pioggia, per non dire a ca**o. Nell'attesa di trovare il momento buono per buttar fuori un azzurro. E il momento buono arriva al 60esimo. Via Simeone per un pestone che se lo avesse fatto Calhanoglu gli avrebbero messo la coccarda di capoclasse. Mazzarri a quel punto decide di giocarsela con il bunker difensivo, visto che il Napoli non riesce più a ripartire, e toglie quindi anche Kvaratskhelia, che esce un pochino contrariato. Mette tutte le forze fresche in campo. Il Napoli resiste con grande orgoglio.
I futuri campioni d'Italia tirano poco nello specchio della porta. In undici contro dieci per mezz'ora. Con la formazione tipo. Con l'arbitro dal cuore nerazzurro e la coscienza nera. Fino al gol al 91°. Sembra la Juve. Sembra Pechino. Sembra Mazzoleni. È soltanto il meraviglioso calcio italiano.
P.S. per la serie "al peggio non c'è mai fine" lo spot di De Laurentiis all'Arabia. È proprio ora di spegnere la TV.
A cura di Maurizio Zaccone
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