Calcio Napoli 1926
I migliori video scelti dal nostro canale

editoriali

I cinque «biscotti» di Garcia, dubbi smisurati su una gestione di sole incertezze

Garcia
Che il francese resti o no al Napoli, i dubbi sul suo ambientamento tecnico-tattico e umano sono doverosi quanto quelli sul suo aggiornamento calcistico. Rudi non è mai sembrato sulla stessa lunghezza d'onda di città e squadra
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

La sconfitta contro la Fiorentina ha aperto enormi discussioni sul ruolo di Rudi Garcia e sul suo percorso al Napoli. In primis sulla scelta alla radice di De Laurentiis, che - dopo tanti no - si sarebbe affidato al francese dopo ben 10 giorni di frequentazione. In pieno fermento Scudetto, forse anche preso da una qual certa forma di onnipotenza. Non si vuol dire che la scelta sia stata sbagliata ma di certo, per ora, non è solamente il lato tecnico in sé e per sé a preoccupare i tifosi del Napoli e in generale gli addetti ai lavori. Di fatto il Napoli è una squadra completamente normalizzata e resa docile: questo in soli 5 mesi sembra un dato insopportabile e quasi senza precedenti. Più che "biscotti" ai giornalisti direi che il francese ha preparato un bel buffet intero. Pieno di buchi.

I cinque grandi dubbi su Garcia

—  

1. Non si può non partire dal campo. Il Napoli sembra una squadra che non sa assolutamente cosa vuole e dove vuole andare. Nelle prime due sfide di campionato ha aggiunto al suo DNA una verticalità che quasi pareva interessante, fino a perdere del tutto le distanze contro la Lazio solo alla terza giornata. Sfilacciati, lunghi, con un'idea sul recupero-palla completamente obsoleta o comunque difficile da attuare contro qualsiasi squadra che muove bene il pallone. Poi l'esordio in Champions totalmente sul filo dell'equilibrio, vinto quasi per caso o per superiorità tecnica indiscutibile col Braga. Poi ancora il famigerato confronto squadra-tecnico dove improvvisamente si è ripreso a marcare a zona, a riaggredire in zona palla e in avanti, a mantenere il possesso. E dopo due vittorie confortanti e 15 minuti da livello mondiale contro il Real Madrid nel secondo tempo, ecco l'abisso Fiorentina. Un'altra squadra i cui calciatori hanno idea precisa di cosa fare se hanno il pallone e se non ce l'hanno. Il Napoli questo non ce l'ha clamorosamente e non può che dipendere almeno parzialmente da una guida tecnica che regala incertezze e non solidità - di nessun tipo - ai suoi uomini.


2. La comunicazione. Nel quasi 2024 è impensabile che un allenatore di calcio vincente comunichi in un certo modo. Faccia passare dei segnali di sconforto alla sua squadra e porti avanti alibi assurdi e senza midollo. È quello che sta facendo Rudi Garcia in questa fase iniziale di stagione. Sin dalle prime giornate con frasi come "se non si vince, bisogna non perdere", l'allenatore francese sta pure dando lezione su come non si parla di calcio ai media. Non ha mai spiegato le sue idee davanti ad un microfono e spesso è autoreferenziale, egoriferito e impreciso su alcuni dati. Come quando parlò del Napoli come prima per possesso palla pure prima dell'apparente svolta di Bologna. Un possesso palla sterile, inutile e che aveva portato a 8 punti in 5 partite. E ancora quando a Lecce si vinse parlò solo dell'aiuto della fortuna e dell'aver centrato la porta come uniche differenze rispetto a Bologna e Genova. L'altro ieri l'esibizione migliore: non si possono fare così pochi falli in casa. Ma cosa significa? Siamo certi che neanche Gasperini o Juric abbiano mai osato dire certe frasi. Che sia una strategia ne siamo (quasi, è d'obbligo il quasi) certi, ma non è delle migliori e risulta anacronistica rispetto ai segnali sani e portatori di valore che invece si possono mandare alla propria squadra anche attraverso le interviste.

3. Elmas. Il dato è clamoroso: solo 87' in 8 giornate di Serie A. Per il dodicesimo uomo che l'anno scorso ha spesso risolto guai a Spalletti sia in termini di equilibrio che di qualità tecnica quando serviva. È forse attualmente il giocatore più forte della sua squadra nazionale ed è duttile, intelligente, atletico e interconnesso col gioco del calcio e coi suoi compagni che ormai conosce benissimo. Di più, è in crescita costante (di anno in anno è sempre andato migliorando nei numeri ndr) e solo con Garcia registra questa particolarissima parabola discendente dovuta al minutaggio che non è da lui. L'anno scorso postò una story su Instagram con la foto della panchina e la risolse con ironia in poche ore, quest'anno sembra che Garcia non lo veda neanche dal binocolo nonostante la sua forza indiscutibile.

4. Mario Rui. Qui potremmo scrivere un libro: Garcia in conferenza pre-Fiorentina ha ammesso di non aver mai avuto due terzini così forti nella sua carriera da allenatore. Due ricambi. Che non ha mai usato al 100%. Titolare solo contro Bologna e Udinese uno dei migliori assistman del reparto difensivo della stagione scorsa in Europa. Mario Rui - il cui procuratore ha tuonato indegnamente nei confronti del Napoli e di Garcia - è un calciatore esperto, forte nelle sue caratteristiche di palleggio e con grandi doti di leadership nello spogliatoio e in campo. Si fa sentire sempre e ha sempre dato un importante contributo alla manovra negli anni scorsi. Quando una manovra c'era.

5. Il lato umano. É ovvio che non dividiamo casa o birre con Garcia per cui non ne conosciamo il carattere. Molti suoi ex parlano di lui come di un signore, un uomo distinto e furbo. Altri come un uomo che fa preferenze all'interno dello spogliatoio, altri preferiscono non parlarne e altri sono totalmente contrari alla sua figura da tecnico. Ciò detto, pare ovvio che le reazioni di Osimhen, Kvaratskhelia e Politano non possano che essere una spia di uno spogliatoio non proprio felice di ciò che il tecnico propina e propone. Sia negli allenamenti, con metodologie molto diverse e più lavoro a secco, sia nei piani-gara e nelle tattiche in generale. E se è vero - come dice - che lui parla con tutti i suoi calciatori allora ci sarebbe da preoccuparsi ancor di più. Significherebbe che lo fa male, anzi malissimo.

E si potrebbe continuare infinitamente citando il mon petit Anguissa, l'impiego un po' discutibile di Raspadori in zone del campo svariate e in momenti strambi della partita. I cambi, che dimostrano tanto di un tecnico soprattutto in fatto di gestione di uomini e di forze. Se De Laurentiis pensa che questi siano problemi prontamente risolvibili con il semplice dialogo misto al tempo e alle vittorie, allora fa bene a continuare con la sua scelta. Altrimenti dovrebbe correre a mettersi in discussione per benino.

 

Di Mattia Fele

RIPRODUZIONE RISERVATA

Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Napoli senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Calcio Napoli 1926 per scoprire tutte le news di giornata sugli azzurri in campionato e in Europa.