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Il paradosso è compattarsi e vincere proprio in assenza di tanti «scudettati»

Napoli Fiorentina
Sembra che il Napoli abbia smesso di sfaldarsi sotto un millimetro di pioggia. Si è compattato e non è un caso che sia successo con l'assenza di molti titolari della squadra Scudetto
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Contro la Fiorentina, il Napoli ha per lo meno iniziato a trovare in se stesso un senso. Non bellissimo ma efficace, mazzarriano nei contenuti. Non che si voglia ribadire il luogo comune che tanto sta animando la piazza in queste ore (ovvero Mazzarri faccia Mazzarri), ma un 3-0 alla Fiorentina era ritenuto impensabile fino a 3-4 giorni fa ed è ora una nuova realtà improvvisamente da comprendere. Com'è nuovo il Napoli, in via di rinnovamento stando a quanto detto da De Laurentiis, che probabilmente a giugno dovrà (di nuovo, non sbagliando per la terza volta) scegliere l'allenatore giusto. Che per questa squadra è la decisione principale.

Il senso ma anche la direzione

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Il Napoli non ha mai vissuto nella sua storia recente di grandi individualità, bensì di grandi collettivi ben guidati. Lo dice la storia ed è molto semplice da associare ad un'argomentazione: i giocatori che il club può permettersi, gli ingaggi che sceglie - giustamente - di pagare non hanno a che fare con le prime donne che oggi spopolano in questo sport. Lo si è detto tante volte. Fu così per Lavezzi e per Cavani e lo è ancora oggi per Osimhen, nonostante il contratto monstre, la futura vendita spacciata per rinnovo. Ora che il Napoli ha ritrovato un senso di sé, sarà bene non solo mantenerlo, ma anche costruirci qualcosa di corposo a posteriori. E - si badi bene - ha poco a che fare con i moduli: ha a che fare con gli atteggiamenti. Con la mentalità e con la sicurezza dei propri mezzi. Non è un caso che Demme e Zerbin abbiano risolto due partite importanti. Talmente fuori dal progetto da non aver nulla da perdere, nessuna reputazione da mantenere. Questo è stato il vero limite della squadra del post-Scudetto.


Poi, certo, ci sono stati i famigerati errori di Aurelio De Laurentiis di cui si fa menzione quasi ogni giorno nell'ambiente napoletano. Lo stesso che ora sta cercando di rimediare utilizzando quella liquidità che attualmente solo il Napoli ha. Ngonge, Traorè, Mazzocchi e altri due. Queste le promesse, almeno. Dei primi due si può dire molto ma non che non abbiano talento e gol nelle gambe. Potrebbero fare al caso di qualsiasi Napoli, perché sono calciatori forti. Di qualsiasi allenatore, purché sia buono e sappia - con gli allenamenti, non con le conferenze - infondere princìpi di calcio moderno. Mazzarri evidentemente non ce l'ha fatta. Ha studiato ed è un uomo umile, intelligente ma non ha nel suo DNA certi concetti. È la differenza sostanziale tra un nativo digitale e un boomer che ne studia la transizione. Mazzarri non avrà mai la stessa manualità di certi altri nel gestire certe trame di gioco perché - purtroppo, perché è un buonissimo allenatore - con il tempo è stato relegato a piazze in cui a calcio non si giocava praticamente mai. Spalletti invece era stato in Russia e poi a Roma e a Milano, dove di qualità ne ha potuta vedere direttamente e indirettamente.

Contro la Fiorentina s'è visto un 3-4-2-1 interessante (non un 5-4-1, altrimenti si dovrebbe parlare di 4-4-2 o di 4-5-1 anche quando si gioca col 4-3-3 ndr) perché è stato dovuto alla lettura della singola partita. Soprattutto mancavano Anguissa, Osimhen, forse il miglior Kvara, Zielinski, Natan, persino Meret. Il Napoli ha un'ossatura attualmente molto differente - per esigenze derivanti da infortuni e mercato - dalla squadra dello Scudetto e guarda caso ha vinto 3-0. La Fiorentina è stata innocua perché Walter è sceso a compromessi col DNA del Napoli. Un concetto che a lungo andare può essere devastante per la dimensione di vertice che questa squadra aveva assunto, ma che nel breve di certo darà i suoi frutti. Pure (magari) contro l'Inter, regalando al mister la sua meritata Supercoppa toltagli nel 2012. Sembra incredibile doversi meravigliare del fatto che i Campioni d'Italia ora abbiano un senso come squadra. Gli si dia anche una direzione.

Di Mattia Fele

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