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editoriali

Il tricolore penzola scucito, Garcia ha disunito il Napoli in due mesi: De Laurentiis rifletta

Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Paradossale che la disfatta di Garcia arrivi contro Italiano, tanto corteggiato da De Laurentiis in estate ma rispettosamente lasciato lì dov'è. Intanto, la Fiorentina gioca a calcio con un'idea che sicuramente durerà un anno intero. Il Napoli no

Serata oscena al Maradona. Non si salva nessuno. Il Napoli perde malamente e con estremo torto per mano della Fiorentina, che come merito ha solo avuto quello di occupare molto bene gli spazi e concentrarsi su un princìpio di gioco preciso, su un'idea che diventa meccanismo e codice nella testa dei calciatori. Ieri sera è stata questa la grande muraglia che ha diviso le due squadre in campo, episodi a parte. Garcia veniva da due buone gare giocate in campionato e da un'ottima prestazione al cospetto del Real Madrid: il Napoli sembrava aver ritrovato innanzitutto le proprie distanze e poi una condizione atletica molto superiore alle prime giornate. Dopo Napoli-Fiorentina si potrebbe quasi dire che è (di nuovo) cambiato tutto: troppe modifiche cervellotiche del piano-gara, troppe strategie (tutte fallimentari, col senno del poi ndr) mischiate insieme e nessuno - ma proprio nessuno - schema di gioco che fosse uno, univoco, quello. Prima 4-3-3 poi 4-2-3-1 poi 4-4-2 (o 4-2-4 che dir si voglia). Male.

Caporetto?

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È chiaro che una guida tecnica che dà incertezza invece che costruire un castello forte, duro dentro e fuori dal campo non possa che essere in discussione. Garcia contro la Fiorentina ha dimostrato che le vittorie contro Lecce e Udinese sono state fumo negli occhi. Non è vero che ha rinunciato a sballonzolare di qua e di là la sua rosa con le sue idee estremamente inadeguate alle caratteristiche dei giocatori del Napoli. E a questo punto si apre un punto interrogativo che è una grande voragine, da dentro-fuori: il Napoli ha perso proprio contro Lazio e Fiorentina perché sono due squadre che sanno giocare il pallone e mostrano in modo sconcertante le falle di una pressione avversaria disorganizzata? Oppure è una totale regressione voluta dallo staff nel ricercare, tornando indietro maldestramente, di dare un marchio liquido a una squadra che invece ha allucinato il mondo mantenendosi sul proprio modo di concepire il gioco? Il Napoli contro la Fiorentina non costruiva, se non in qualche caso e per giocate singole. Non difendeva di squadra, ma solo di individualità (a proposito, benissimo Natan), non ripartiva in contropiede, non era verticale né orizzontale. Era solamente in balìa degli altri e sul filo del baratro degli episodi, con Italiano che quasi passava pure in svantaggio con due ingenuità clamorose. Questo a far capire che - come con la Lazio, che sta facendo ultra fatica - non si è perso in casa contro i prossimi vincitori della Champions League. Tutt'altro.

Italiano ha - come fece Sarri - mostrato a chiare lettere cosa significhi avere calciatori che, coi propri limiti, si esaltano in un collettivo che pensa insieme. Il Napoli aveva creato questo DNA da Sarri in poi e ora lo sta perdendo, oltre a scucirsi lo Scudetto dal petto. Sembra impensabile dirlo a soli 5 mesi dalla gioia di Udine. Il campionato è lungo ma non pare ci siano gli estremi per un anno di vertice, se queste sono le premesse. Come avevamo già scritto. Poi i calciatori sono forti: Kvara e Osimhen (che ha finalmente tirato un rigore ed esultato) commoventi nel correre e lottare su ogni palla, come Lobotka, come Raspadori. Poi le straordinarie dichiarazioni di Di Lorenzo nel post-gara. Insomma, nel Napoli c'è tanto materiale umano e tecnico che chiede, quasi con la bava alla bocca, di essere guidato in modo moderno e di imparare. L'impressione invece è che Garcia non stia insegnando nulla ai campioni d'Italia, se non come si faccia a disequilibrare completamente una bilancia perfettamente tarata. Il Napoli non ha più peso specifico, non è più riconoscibile anche se a Lecce sembrava precisamente identitario e forte nelle sue convinzioni. Poi subisce gol nei primi minuti e va nel pallone, cerca di riprenderla velocemente e diventa frenetico. Smette di palleggiare, offre il fianco ad altri contropiedi e si rintana nello spavento. Poi ancora Garcia cambia moduli e ruoli e manda segnali contrastanti, forse perché nemmeno lui ha capito come prenderla questa rosa.

Il punto è questo e non ci vuole un oracolo a comprenderlo: De Laurentiis deve riflettere. Capire se Napoli-Fiorentina sia stata una Caporetto e sostituire il suo generale, o andare avanti con la consapevolezza (non speranza, che non basta) che la situazione sia del tutto recuperabile. Che Garcia possa capirsi coi suoi calciatori realmente, non dandogli uno stupido contentino di due-tre partite di fila. Ma costruendo un'identità in campo, cercando di convincere i calciatori del Napoli - che sono persone evolute, che vivono nel calcio del 2023 e lo studiano - della propria idea. Che però ci dev'essere e dev'essere condivisa. Oggi ci pare di capire meglio le parole di Spalletti che spesso menzionava un gioco che andava ad adattarsi agli uomini a disposizione e al loro gusto nel toccare la palla. Garcia, invece, sembra a volte che dei suoi interlocutori se ne freghi altamente. Che non abbia affezione nei confronti di quello che può essere un percorso funzionale, come a dire "hai scelto me, di me devi prendere tutto". Detestiamo mettere nel calderone il folclore ma Napoli invece è la città dell'arrangiarsi. Districarsi in una situazione nuova ovvero mettersi in discussione. Ecco questo, se Garcia ce lo permette: anche da un punto di vista umano l'impressione resta che rispetto alla gestione precedente ci sia un abisso. Culturale.


 

Di Mattia Fele

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