editoriali

Cremonese-Napoli, sul Golfo soffia il vento del cambiamento

Emanuela Castelli

Signori, sfido chiunque sia tifoso del Napoli a dirmi di non aver provato, dopo il pareggio della Cremonese, la sensazione che si fossero materializzati improvvisamente i fantasmi del passato Un Napoli disordinato, frenetico, che provava a...

Signori, sfido chiunque sia tifoso del Napoli a dirmi di non aver provato, dopo il pareggio della Cremonese, la sensazione che si fossero materializzati improvvisamente i fantasmi del passato

Un Napoli disordinato, frenetico, che provava a rimontare perdendo precisione, distanze tra i reparti, freddezza sottoporta

Gli ingredienti c’erano tutti, per la frittata dal sapore purtroppo ben noto e poco accattivante dell’occasione sprecata: si veniva dalla vittoria tennistica in Europa contro l’Ajax, potenziale trappola psicologica di narcisistica matrice; nel pomeriggio, poi, Atalanta ed Udinese avevano pareggiato e si presentava, per il Napoli, la ghiotta possibilità di conquistare la vetta in solitaria, staccando la sua comproprietaria dell’attico di questa prima parte di campionato; si giocava contro la penultima in classifica, il che rappresentava il rischio – quasi atavica certezza del recente passato azzurro - di un calo di attenzione pericolosamente suicida. E, quando Dessers ha segnato la rete del pareggio ad inizio secondo tempo, quei fantasmi del passato li abbiamo visti stagliarsi all’orizzonte, uscire dall’armadio: sì, l’abbiamo sentito forse tutti, l’inquietante cigolio di porte scricchiolanti, il suono angosciante del nulla che avanza e che può colpirti e trovarti inerme, esterrefatto, immobilizzato dalla paura di trovarsi faccia-a-ombra con un nemico che non si vede, che non si sa da dove arrivi ma che è lì, proprio nella tua stessa stanza, e tu non hai mezzi per combatterlo, per salvarti. E, forse, quella sensazione deve averla provata anche Spalletti, vedendo la squadra sfilacciarsi, offrire il fianco all’ansia dei tre punti, ché c’era la storia contro cui combattere e, possibilmente, da riscrivere.

Spalletti cambia uomini e modulo, poi cambia di nuovo: ha il coraggio di osare, vuole dare un calcio a quei fantasmi, non ci sta a subire l’ennesimo smacco di un Don Chisciotte che perde contro i mulini a vento. E, così, si affida anche a lui, l’uomo della provvidenza, l’uomo in grado di prendere in mano quella maledetta penna, cancellare un finale già scritto e scriverne uno tutto nuovo di suo pugno. Perché è vero che i fantasmi del passato sembravano essersi armati alla conquista del presente, ma il passato non prevedeva Giovanni Simeone, l’argentino-napoletano, il calciatore che sognava di segnare in Champions ed aveva dedicato a questo sogno – diventato subito concreto impegno – un tatuaggio da baciare non appena fosse riuscito nell’ambiziosissima impresa. No, sul libro del passato non c’era il nome del Cholito, mentre oggi sì. Il presente ci ha regalato un mostro, signori: un eroe di concentrazione, voglia, fame, determinazione, concretezza. Un concentrato di poesia realistica, una promessa di romanticismo possibile, la pretenziosa idea di poter realizzare DAVVERO ciò che si sogna nella propria interiorità più inconfessabile. E così, Mario Rui, il solito Mario Rui, il prezioso, irrinunciabile Mario Rui pennella un cross che disegna bellezza e la testa di Giovanni, alzatosi in volo lassù, a latitudini che solo un sognatore può raggiungere, raccoglie e insacca in rete. 2-1 per il Napoli. È il 73’, ed è come fossero le 7 del mattino. Suona la sveglia, ed il suo trillo squillante desta dal sonno profondo i calciatori azzurri: il Napoli finalmente scende in campo, dop una mezz’ora di fase rem che è sembrata un’eternità. E si ricorda di fare il Napoli. I ragazzi si guardano dentro, poi gli uni con gli altri. Si riconoscono, ritrovano la propria identità e ne segnano altri due in pieno recupero: la prima marcatura stagionale di Lozano e quella di Mathias Olivera. 4-1, altri tre punti preziosi in cassaforte e la conquista della vetta in solitaria. Ma, soprattutto, altro: tanto altro.

La vittoria di ieri ha certificato che sì, su Napoli soffia un vento nuovo, ed è un vento che parla di crescita, di responsabilizzazione, di maturità, di forza mentale, di capacità di resurrezione. Di compattezza, e di squadra. Perché è di squadra che si tratta, quando Kvaratskhelia, dopo una cavalcata epica, trovatosi a tu per tu con Radu, decide di non provare il tiro ma di liberare proprio per Lozano, che era lì, alla sua destra, pronto a raccogliere ed insaccare in rete. Spalletti sorride: le strigliate hanno fatto benissimo ad una delle punte di diamante della sua squadra. Sì, soffia un vento nuovo, sul Golfo di Napoli: ed è il vento tiepido, consolante, speranzoso del cambiamento.

The world is closing in / Did you ever think / That we could be so close, / like brothers / The future´s in the air / I can feel it everywhere / Blowing with the wind of change / Take me to the magic of the moment / On a glory night / Where the children of tomorrow dream away / in the wind of change / Walking down the street / Distant memories / Are buried in the past forever”. Così gli Scorpions, testualmente: “Il mondo si sta riunendo/Hai mai pensato/che potremmo essere così  vicini, /come fratelli/Il futuro è nell’aria/ Lo sento dappertutto /Soffiato con il vento del cambiamento / Portami nella magia di questo attimo / In una notte fantastica / Dove i bambini di domani sognano / Nel vento del cambiamento / Camminando lungo la strada / Lontani ricordi / Sono sepolti nel passato per sempre”. Lì si parlava della rinascita di una Nazione dopo gli anni bui e terribili della divisione tra Germania est e Germania Ovest. Qui si parla solo di calcio e ci accostiamo ad uno dei testi più belli della storia dell’Heavy Metal con enorme rispetto e profonda ammirazione. Ma ci sembra il modo migliore, senza dubbio il più impattante, per celebrare il vento di cambiamento che soffia, leggero e dolce, a queste latitudini.

Avanti, Napoli!