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editoriali

Questo Napoli adulto è una squadra vincente: possiamo dirlo, ma a bassa voce

(Photo by SSC NAPOLI via Getty Images)

Con equilibrio e pensiero, Spalletti ha sfiancato e poi colpito il Cagliari di Mazzarri e il suo non-calcio. È la sesta vittoria ottenuta nel sesto modo diverso, ma con lo stesso risultato della prima. Ah, Mario Rui non è scarso

Mattia Fele

Come incipit va un messaggio a chi snobba e critica la gestione di Aurelio De Laurentiis: il Napoli è secondo per punti conquistati sul campo nella classifica cumulativa degli ultimi 10 anni di Serie A. La Juventus ha 809 punti, gli azzurri 711 subito dopo, poi Roma e Inter, molto al di sotto dei 700 punti. Il Napoli non ha avuto mai un ruolo di second'ordine, la squadra non si è accontentata di un secondo posto o di un quinto, e comunque non è mai è scesa sotto al settimo dal 2008-09. Oggi è 27 settembre 2021 e Spalletti ha battuto il Cagliari per 2-0, con a disposizione dei giocatori con carattere, maturità ed un DNA ben definito. IlNapoli non è una rivelazione e non è una sorpresa, non fa nulla di clamoroso se non giocar bene come fa da un decennio. Quello che l'Atalanta fa da qualche anno lo metteva in campo Mazzarri col trio Cavani-Lavezzi-Hamsik e con Aronica e Gargano. Questo non è un club che ancora dobbiamo scoprire, lo grida il suo passato prossimo.

Premesso ciò, c'è da passeggiare all'indietro fino al 2017/2018 per ricordare un Napoli primo in classifica da solo, vittorioso nelle prime 6 uscite di campionato (quella volta furono 8 di fila, ndr). E sempre lì bisognerebbe ritornare per ravvisare una compattezza strutturale di un gruppo che ha un'idea, un sogno e un patto. Ma c'è ancora chi parla di complotti e di Napoli-Verona.

Come il viaggio di Ulisse

 (Getty Images)

 

Ieri sera Rrahmani e Mario Rui sono stati tra i calciatori che hanno toccato più palloni. I più impazziranno: non erano scarsi? Difesa e centrocampo hanno tenuto il ritmo basso per letteralmente 90'. Koulibaly a Mario Rui, Mario Rui ad Insigne, Insigne a Fabian, Fabian ad Anguissa, Anguissa di nuovo indietro e via discorrendo. Una strategia intelligente che può appartenere solo ad una squadra in fiducia e con grande considerazione dei propri mezzi tecnici e nervosi. La squadra sta bene, si nota dai dettagli. Da questi dettagli. Il Cagliari di Mazzarri è venuto a non-giocarsi la partita, sperando in un punticino rosicchiato sulla base della non-proposta di gioco e della difesa ad oltranza. Una tattica che nel 2021non premia neanche sulla PlayStation.

Volendo però ruotare le facce del cubo, girar palla è servito a sfiancare gli avversari, facendo perder loro concentrazione e trovando quindi spazi ampi tra le linee. Lì, dove si accelerava d'improvviso a fiammate, aspettavano il pallone come corvi su ramoscelli i vari Zielinski, Insigne, Politano, Osimhen. Nomi di un certo livello, specie se serviti a campo aperto. Così il primo gol: Anguissa intuisce un taglio sinistra-destra di Zielinski e gli dà un pallone con i giri contati, il polacco calcia in mezzo di controbalzo e trova l'attaccante perfetto per quel pallone. Uno che si mangia lo spazio davanti a sé come fosse una brioche.

Non è stata una bella partita, va detto: i ritmi degli azzurri di Spalletti erano lenti da svenire, che pure il telecronista faceva fatica a dare intensità al racconto. Per questa ragione il tecnico era preoccupato, sbuffava in continuazione e - siamo sicuri - si aspettava pure di poter prendere gol per troppa lascivia. Ma quella tranquillità, quel planare sulla propria tecnica - mista al nulla assoluto rappresentato dal Cagliari - hanno permesso a Spalletti di rilassarsi e di godersi il diciottesimo punto su 18 disponibili.

A pensarci è un Napoli dal multiforme ingegno: vince soffrendo e con difficoltà senza Osimhen contro il Venezia, segna con Petagna nel finale e supera il Genoa, batte la Juventus in rimonta sfruttando degli episodi a favore, demolisce e distrugge (in quest'ordine) Udinese e Sampdoria nel loro territorio con una classe indefinibile. Pareggia in rimonta in Inghilterra - e rischia di vincere - contro un Leicester in vantaggio di 2 gol al 70'. Sembra la descrizione di una squadra vincente. 

Differenze e incastri

Luciano Spalletti (Getty Images)

È ovvio che poi anche senza volerlo la mente va lì, all'anno scorso e a quello prima. Ma la rosa è la stessa, il tifo pure, la società anche. Tre cose sono cambiate: gli incastri, l'allenatore e il preparatore atletico. Coincidenze?

La verità è che queste prime 7 gare ufficiali del Napoli hanno evidenziato proprio i limiti caratteriali dell'allenatore precedente; forse acerbo, forse poco incline ad un certo tipo di piazza e di pressione, ma di certo Gattuso non ha mai trasmesso alla sua squadra questa sicurezza di cui sopra. Spalletti allena la mente perché fa come Koulibaly, passa per i campi di Castel Volturno e giganteggia sui loro visi, li guarda e loro capiscono, sa insegnare non (solo) perché conosce meglio il calcio e da più tempo fa questo mestiere, ma perché è (forse) caratterialmente più compatibile. Insegnare è lasciare il segno ma non ha a che fare per forza con le conoscenze: c'è chi insegna perfettamente quel poco che sa e chi non sa insegnare la dottrina immensa che possiede. Ciò che appare è che - se è vero che una squadra prende, assorbe il carattere del proprio tecnico - Spalletti sia più compatibile e funzionale per questo gruppo rispetto a Gennaro Gattuso.

L'allenatore del Napoli va in conferenza e non parla di percezione del pericolo o di cattiveria sul pallone, risponde su Fabian Ruiz e parla della sua eleganza, analizza tatticamente i cambi e i movimenti dei suoi calciatori. Si espone sulle direzioni arbitrali e incita il tifo a perdere questo distacco che han creato con un pragmatico equilibrio e un'euforica moderazione. La sua favella sfotte e imbocca pillole d'oro ai giornalisti, subito pronti coi loro titoloni, divertiti ma ingannati nelle loro vere intenzioni. Banalmente, Luciano Spalletti sembra una persona molto (ma molto) intelligente. È un gran salto di qualità.

Napoli non è una città matura, anzi, è ben lontana dall'esserlo. A volte si specchia troppo in se stessa e prende i propri punti deboli come superiorità, rinchiudendosi e difendendo il marcio invece di accettarlo e abbatterlo con decisione. Un ambiente umorale, per una squadra così legata al territorio, fa una squadra umorale. Per ora però, grazie ad una guida tecnica seria, a delle indicazioni precise e a qualche aggiustamento (nonché grazie al vuoto di potere lasciato per ora dal non-calcio anche di Allegri ndr), il Napoli sta prendendo confidenza con la crescita e sta superando la fase puberale che abbiamo per troppi anni conosciuto. O almeno così sembra. Noi per sicurezza lo diciamo a bassa voce.

 

A cura di Mattia Fele 

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