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editoriali
Vincerà questo Scudetto una squadra che con la Serie A non c’entra niente: è la prima volta
Il Napoli di Luciano Spalletti ha giocato l'11 marzo alle ore 18:00 la gara forse migliore di tutta la stagione. La più importante, forse decisiva. Ha vinto 2-0 contro l'Atalanta dopo un primo tempo difficile e tattico e un secondo tempo rabbioso, da Premier League. Il Napoli ha giocato come il Liverpool, con la testa del City, l'incisività del Real Madrid in Champions. Sta stracciando il campionato ed è completamente un mondo a parte rispetto a tutte le altre squadre che al momento - in quest'annata - militano in Serie A. Sul finale tutti stremati, sulle gambe. Si fa male Meret (prima della partita), esce con un problema al polpaccio Kim. Osimhen sostituito lancia il parastinchi, incollerito perché non è andato a segno per la ventesima volta in ventidue presenze. Una squadra surreale.
Nel primo tempo impensabile la mossa di Gasperini, che lascia fuori Lookman (giocatore con la media gol-minuti più elevata dopo Osimhen ndr) preferendo il duo pesante Zapata-Hojlund. Una mossa che premia fino a un certo punto: l'Atalanta molto poco spesso è riuscita ad uscire dalla pressione offensiva del Napoli nei primi 45 e sì, il lancio per la punta colombiana poteva risultare utile come piano B rispetto al fraseggio basso. "Unica" difficoltà? Kim, Rrahmani, la grande volontà del Napoli di accettare il piano fisico e impedire la vittoria pulita di ogni singolo uno-vs-uno in mezzo al campo. È il duello, la fase di nessuno ad averla vinta nella prima frazione nonostante sia stato comunque il Napoli a tirare in porta (tre volte) e sempre il Napoli a tenere di più il possesso. Bene però gli orobici nel raddoppio, nella forza, nella convinzione delle ribattute. Nell'essere concentrati in area di rigore e su Kvaratskhelia, che pure in qualche occasione ha messo il turbo e con le sue sterzate è risultato come spesso accade imprendibile. Osimhen ha sfinito Djimsiti che è dovuto scappare in panchina per un risentimento muscolare, nell'attesa che poi nel secondo tempo - grazie anche ai cambi (e l'Atalanta ne aveva di migliori, ieri) - qualcosa si sfilacciasse, si aprisse, si stravolgesse.
Nessuno aveva fatto i conti o poteva però aspettarsi (incluso chi scrive ndr) che il Napoli sarebbe sceso nel secondo tempo con un piglio cannibalesco, con una pulizia nella mente e una certezza in ciò che voleva andare a prendersi. La vittoria, il +18 temporaneo. Il tricolore. L'esaltazione dei propri tifosi, a quattro giorni dal ritorno degli Ottavi di finale contro l'Eintracht che neanche vanno squalificati quanto a importanza, né snobbati. Il gol di Kvaratskhelia a metà secondo tempo è semplicemente la conseguenza - seppur individuale, squisitamente individuale - di un approccio overperformante di tutta la squadra. Il georgiano ha saltato due uomini (gli stessi, per tre volte) e ha sterzato fino all'inverosimile. Li ha lasciati tutti per terra, prima di scaricare il destro della serata. È il gol simbolo dell'anno del Napoli ed è anche la certificazione assoluta del valore - pure atletico, fisico, dinamico - di un calciatore che ha una dimensione molto superiore alla città e alla squadra Napoli. C'è però in questa città un'energia che li attrae, questi campioni qui. Quelli puri nel sangue, che si immettono nella realtà sanguigna e la trascinano senza proclami. Kvaratskhelia non sa nemmeno dove siano o cosa siano le parole fuori posto. Muove il pallone e lo insegue come pochi. Ha forza mentale e fisica. Il raddoppio di Rrahmani da ricordare per il tabellino, ma il Napoli nel secondo tempo è stato una valanga insostenibile. È l'espressione massima del calcio di Spalletti, che si era già vista a sprazzi in quest'annata ma mai in una partita così importante. Il Napoli è una squadra che ha anche gestito dei risultati, che ha scelto quando attaccare e quando vincere le partite. Ieri invece ha mantenuto un livello che in Serie A semplicemente non esiste e non si è mai visto negli ultimi 10 anni. Il tutto dopo una settimana-tipo con quasi tutti a disposizione, in un idillio anche atletico e di preparazione che difficilmente si ripeterà nelle prossime settimane (tra 3 giorni l'Eintracht, poi il Torino, poi la sosta, poi il Milan). Il punto è che nemmeno questo spaventa: tutti sono coinvolti, tutti sono pronti a subentrare in caso di imperfezione fisica di altri: Kim verrà sostituito benissimo da Juan Jesus anche se dovesse mancare per un mese. Stesso discorso per Meret, con Gollini che ha subito fatto vedere di avere personalità contro la sua ex squadra con cui è quasi arrivato in Semifinale di Champions League. E ancora Politano per Lozano, Elmas, persino Demme se dovesse fermarsi Lobotka. Il Napoli è commovente.
Mancano 18 punti esatti ad un traguardo clamoroso, desiderato, mai meritato come in quest'annata da una squadra. Ma il Napoli è una squadra devastante, avvolgente, travolgente. Sta creando rumore in tutto il mondo e una gioia che non passerà per molto tempo nell'aria. In un posto che meritava già tanto qualche anno fa, ma forse è stato pure meglio così. Questo Scudetto non sarà paragonabile a quello di nessun altro in Italia.
A cura di Mattia Fele
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