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editoriali

Milik, «il parvenu sabaudo» della storia azzurra: cinque anni con la serpe in seno

Giovanni Ibello

Milik, il parvenu della storia della SSC Napoli

Era arrivato con le stimmate dell'erede di Higuaìn, e la sua avventura partenopea iniziò col botto. Poi il lungo duello ingaggiato con il corpo, quel maledetto ginocchio che sembrava fatto di cristallo... Il tutto mentre il calciatore già meditava l'addio verso lidi più consoni al suo lignaggio (?). Voleva solo la Juve e la desiderava da tempo, la desiderava ardentemente anche quando il Napoli gli pagava le cure nel mentre dei suoi copiosi infortuni. Questa è l'amara verità da riscontrare, la sola grande evidenza del fùtbol contemporaneo: quello che ci fa dire a più riprese "conta solo la maglia". E' così, eppure...

Milik provoca: Milik, il parvenu della storia della SSC Napoli

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Milik e il Napoli, una acrimoniosa corrispondenza. Un dire velenoso che esacerba tutte le differenze tra noi e loro. Altro che amorosi sensi, forse è stato il destino a scegliere il da farsi. La sempiterna assenza di Milik è parte integrante della storia del Napoli; una storia che, converrete, è un movimento clandestino di resistenza. Una storia che non ammette alcuna ignavia. Esiste una forma di predestinazione? Del resto l'incanto si assolve quando la Natura decide di intervenire arbitrariamente sul Gesto. Forse non c'è opera d'arte degna di attenzione che non sia l'esito di una profonda dialettica tra Gesto e Natura (o Destino?). Spieghiamolo con un esempio: Dio ha creato Maradona, Victor Hugo Morales, il celebre radiocronista uruguaiano di Argentina Inghilterra, lo ha nominato. Forse Maradona non avrebbe mai segnato il gol del secolo, la jugada de todos los tiempos, se dietro il microfono dell'Azteca non ci fosse stata la voce angelicata del barrilete cosmico. La voce che ha originato l'epica del bambino lordato di cenere. Questa audace analogia (la perdonerete) per dire che senza l'ennesimo infortunio di Milik, Gabbiadini non sarebbe mai stato espulso con il Crotone nell'autunno del 2017. E senza quell'espulsione, Ciro Mertens non sarebbe mai diventato il centravanti più prolifico della storia azzurra. In altre parole, non sarebbe mai nato il sarrismo...

Ma destino a parte (il destino della Grande Bellezza) torniamo nei ranghi. Disipiace dirlo, ma ecco chi è davvero Arek Milik. Lo ringrazieremo sempre per quel poco che ha dato in maglia azzurra (veramente poco, forse il rigore in finale di Coppa Italia proprio contro la sua Juve), ma raramente abbiamo visto un nostro giocatore desiderare così ardentemente la casacca degli odiati rivali. La sua ultima provocazione-social ha scatenato ancora di più i tifosi napoletani. E ha altresì fomentato gli juventini che chiedono, non a torto, di purgare la sua ex squadra. Una scelta di comunicazione ben precisa, una decisione che non può certo passare inosservata. Arek  ha lanciato il guanto di sfida, ha chiuso ogni ponte col passato, ha voltato le spalle al club che più di ogni altro lo ha lanciato al grande calcio. Dobbiamo saper leggere tra le righe. Al resto ci penserà il Maradona.

 

A cura di Giovanni Ibello