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editoriali
Sinisa Mihajlovic (Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)
Quando un volto noto muore i social, i giornali e le televisioni si riempiono di immagini quasi santificando chi è andato via. Per giorni sono al centro dei talk e dei ricordi. Tutti vestono i panni degli amici, tutti hanno aneddoti da raccontare, e poco importa se magari in passato c’erano state discussioni, salire sul carro è la scelta migliore. Però ci sono volte in cui non è possibile non salirci su quel "carrrozzone" dei ricordi, soprattutto in quanto giornalisti sportivi. Esattamente una settimana fa il mondo del calcio è stato privato di un altro grande uomo e talento: Sinisa Mihajlovic.
Il serbo è stato uno dei talenti maggiori degli anni '90, un difensore dal piede del trequartista. Il suo sinistro era pura magia capace di trasformare in oro ogni calcio di punizione tirandoli con la facilità di un rigore, poesia pura da tutte le angolazioni e distanze. Mihajlovic era dotato di tecnica, personalità e cazzimma, caratteristiche che hanno rappresentato anche l’uomo Sinisa. La sua carriera gli ha regalato diversi trionfi con le maglie di Stella Rossa, Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. In bacheca a livello internazionale ha messo una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa Uefa. Mentre in Italia dove ha messo le sue radici di professionista e uomo ha vinto 2 scudetti, 3 Supercoppe Italiane e 4 Coppe Italia. Un palmeras di tutto rispetto che lo hanno affidato alla storia della nostra Serie A, risultato ottenuto anche grazie al suo record di gol su punizione, ben 28, oltre ad essere l’unico giocatore ad aver siglato una tripletta da calcio piazzato.
Terminata la sua carriera da giocatore ha intrapreso quella da allenatore prima al fianco dell’amico fraterno Roberto Mancini all’Inter, periodo in cui ha ottenuto vittorie importanti, poi iniziando il suo cammino in solitaria. La sua prima panchina da allenatore è stata quella del Bologna, poi arrivò il Catania con cui conquista il record di punti della società in Serie A. Dopo l’esperienza siciliana arriva la Fiorentina e poi la panchina della sua Nazionale, la Serbia. Approda alla Sampdoria e in seguito al Milan, prima grande squadra nella sua carriera come tecnico. Con i rossoneri mostra ancora una volta il suo coraggio calcistico facendo debuttare un portiere sedicenne, Gigio Donnarumma, attuale numero 1 della Nazionale. Poi arriva il Torino e lo Sporting Lisbona, anche se la sua avventura portoghese dura solo 9 giorni. Infine il ritorno a Bologna, la sua ultima esperienza terminata con l’esonero dello scorso settembre, ma che ha vissuto 3 anni e mezzo di dolore e unione.
Il 13 luglio del 2019 infatti Sinisa, dopo aver compiuto un miracolo calcistico con i rossoblù, annuncia l’inizio della sua battaglia più grande quella contro la leucemia. Lo fa attraverso una conferenza stampa che scosse tutti e che consegnò un’immagine diversa del serbo, meno dura, ma più umana. Sinisa scelse di non lasciare la squadra ma di seguirla a distanza con coraggio e determinazione, arrivando anche a sedersi in panchina per il debutto in campionato nonostante non ne avesse le forze. Quel 25 agosto scelse di mostrarsi, con addosso i segni della malattia e delle cure che stava affrontando. Ma aveva i suo soliti occhi di guerriero quasi lucidi nel rivedere quel rettangolo verde dopo 44 giorni trascorsi in una stanza d’ospedale. Ha continuato a lottare Sinisa fino al trapianto del midollo osseo avvenuto il 29 ottobre dello stesso anno che aveva dato la speranza di guarigione e riconsegnato a tutti noi il guerriero del calcio. Si era ripreso Sinisa. Era tornato a lottare sui campi con i suoi ragazzi, aveva ritrovato la grinta che lo portava ad affrontare a muso duro arbitri, avversari, giornalisti e i suoi stessi giocatori. Aveva ritrovato la luce grazie alla sua amata Arianna, i suoi splendidi 5 figli e la sua nipotina Violante così simile a lui.
Ma il destino a volte è crudele e il 22 marzo 2022 Sinisa si ripresenta in conferenza per annunciare il ritorno della malattia che ancora una volta lui ha guardato negli occhi senza paura. Ha combattuto con tutte le sue forze, si è curato e anche se debilitato è sempre tornato in campo. In estate si era presentato a sorpresa nel ritiro del Bologna. Ha iniziato la nuova stagione sulla sua panchina fino al suo esonero del 6 settembre. In questi mesi ha continuato la sua personale battaglia accerchiato dalla sua amata famiglia. Gli amici veri raccontano di un Sinisa indebolito nel fisico ma non nello spirito. Aveva progetti per il futuro, anche se forse in fondo al suo cuore si era reso conto che quel futuro avrebbe potuto non vederlo. Il suo ultimo atto di forza era stato presenziare lo scorso 1 dicembre alla presentazione del libro di Zdeněk Zeman. Lo ha fatto per rispetto e affetto nonostante le forze non fossero al massimo e il suo corpo ormai smagrito. Il futuro purtroppo Sinisa non lo vivrà, il suo cuore ha smesso di battere il 16 dicembre dopo una lunga battaglia contro la leucemia.
La sua morte ha colpito tutti tifosi, colleghi e amici. Sembra impossibile che un uomo così forte e coraggioso abbia perso la sua battaglia. Ma lo sapete che vi dico. Sinisa non ha perso per niente, anzi, lui ha vinto. E sapete perché? Perché nessuno lo dimenticherà, perché tante persone che hanno sentito le sue parole e hanno visto il suo esempio da un letto di ospedale hanno trovato un’ulteriore motivazione nella loro lotta. Sinisa ha vinto perché ha lasciato su questa terra il ricordo di un uomo vero, duro, buono, gentile, cazzuto, con le sue controversie, ma una lealtà che difficilmente è un virtù appartenente agli esseri umani. Sinisa ha vinto perché in un mondo di maschere lui è sempre stato reale, sul campo, in panchina e nella vita. Non si è mai nascosto nel bene e nel male. Sinisa ha vinto come uomo di calcio, perchè è sempre stato uno dei pochi a credere nei giovani lanciandoli tra i grandi. Sinisa ha vinto negli occhi di sua moglie, dei suoi figli e di sua nipote e ogni volta che il suo sorriso e il suo sguardo mancheranno saranno sempre lì in loro che continueranno a portare Sinisa in giro per il mondo.
Nel corso degli anni aveva parlato spesso di Napoli e del Napoli, ergendola come favorita per lo scudetto quest’anno. Il nostro augurio è quello di veder gli azzurri trionfare e sono certa che tra un coro ed una dedica per Diego ci sarà spazio anche per Sinisa, l’uomo che ci ha insegnato a lottare contro ogni avversario.
Buon Viaggio Guerriero!
“E se tira Sinisa, e se tira Sinisa è gol….”
A cura di Sara Ghezzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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