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editoriali
Avete presente quando vi sentite completamente soli? Già, quella strana sensazione di non poter contare su nessuno, solo sulle proprie forze. È questo quello che hanno provato i vari Lobotka, Juan Jesus, Rrahmani, Lozano e così via. Con una piccola differenza: loro una figura l'avevano, Dries Mertens, in grado di indicargli la retta via, in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato. Perché l'uomo, una volta ragazzino, di Lovanio questo è stato, questo è e questo sarà. Questo e tanto altro: leadership abbinata a talento, quella voglia di caricarsi il gruppo sulle spalle con gol e parole, mai sottovalutare quest'ultime. Erano tutti indisponibili: da Insigne a Koulibaly, passando per Fabián ed Osimhen. Tutti, tutti tranne Ciro.
E forse è stata proprio questa componente a far stare un po' più tranquilli i tifosi partenopei: "È vero, ci mancano tutti, ma c'è Dries". Chiacchiere da bar, vero, ma infinita verità, perché non si può sottovalutare un fenomeno da 107 gol in maglia azzurra, è letteralmente impossibile, anzi, guai a farlo. Anche se a lui piace, a lui piace vivere lontano dai riflettori e poi uscire dal nascondiglio per dire la parola finale, per ricordare al mondo intero che lui non fa, lui è la differenza. In fondo, qualsiasi squadra, al posto del Napoli, avrebbe adottato la tecnica del "catenaccio e contropiede", Spalletti no: il tecnico di Certaldo ha preso le chiavi della squadra e le ha regalate al fenomeno ex Psv.
Ha sorpreso tutti, anche il suo allenatore, che in conferenza stampa aveva così dichiarato: "Victor è un calciatore unico, completo. Deve affinare un po’ la tecnica ma per il resto è al top. Come tecnica e scelta di posizione Dries è più bravo. Ma se c’è da fare uno scatto di 50 metri...». Non a caso la rete del 2-1 arriva proprio da...un suo scatto di oltre 40 metri abbinato ad una lucidità sotto porta solo dei veri campioni, dei veri bomber: mai una parola fuori posto, c'è il rettangolo verde pronto a tacere tutto e tutti. Quell'istinto da nove, perché di nove si tratta, abbinato alla magia da dieci: quel 9.5 di cui non si può proprio farne a meno. Perché è vero, ha segnato, ma non dimentichiamoci il contorno, ed il contorno ci parla di un giocatore sempre pronto al sacrificio, a creare gioco, a smistare delizie ed idee per gli esterni: Dries non fa un passaggio, Dries ti regala il pallone e ti dice cosa fare lo step successivo. D'altronde, è proprio da un suo tocco, inutile solo per coloro che vedono tutto tranne i dettagli, che nasce il momentaneo pareggio di Zielinski.
E poi c'è quella fascia sul braccio che ha fatto impazzire un po' tutti. Quanto gli dona? E no, non è quel classico leader calmo, era il primo a protestare nei confronti dell'arbitro, il primo a difendere e caricare i suoi: linguaggio del corpo, delle parole e delle azioni. "Io resto qua" aveva pronunciato contro la Lazio, perfetto Mertens, ma giura alla tua Napoli che sarà per sempre. In conclusione: lo avevano dato per bollito, ma ora chi lo ha criticato sta in silenzio: Dries è la storia del Napoli!
A cura di Gennaro Del Vecchio
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