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editoriali

“McTominay potrebbe essere il mio erede”, la fatica di Ercole che attende lo scozzese

Alex Iozzi
Unica nota positiva: almeno le "imprese" da compiere non sono dodici

Billy Gilmour e Scott McTominay: gli ultimi due colpi di teatro, targati SSC Napoli, di una campagna acquisti che definire di livello "contiano" sarebbe riduttivo. Sette rinforzi giunti alle pendici del Vesuvio prelevati da ogni località del globo: Rafa Marin dalla Spagna, Leonardo Spinazzola ed Alessandro Buongiorno dal Belpaese, David Neres dal Portogallo e Romelu Lukaku, assieme appunto alla coppia di scozzesi. Almeno un innesto di qualità certificata in ciascun reparto di campo - fascia destra esclusa -, di cui possiamo affermare che i fu - ormai - interpreti di Brighton e Manchester United siano la cosiddetta "punta di diamante". Certo, tesserare il sostituto di Victor Osimhen era d'obbligo, tanto quanto il rimediare agli errori del passato recente e colmare quel vuoto lasciato, nell'estate di trecentosessantacinque giorni fa, da Min-jae, per i più "Kim"; ma se un tempo la zona del rettangolo verde che ti conduceva alla vincita di un trofeo - alle volte, anche più di uno - era, con riconoscenza unanime, la difesa - portiere annesso -, i dati del calcio moderno controbattono rispondendo - in sincronia perfetta - che tali trionfi si conseguono mediante un rendimento pregevole del centrocampo, l'esatto tallone d'Achille che ha penalizzato la compagine allenata da Rudi Garcia in fase iniziale, da Walter Mazzarri durante lo svolgimento e, per concludere, da Francesco Calzona sul tramontare dell'annata. Al netto di una retroguardia schierata con la titolarità fissa ed ingombrante di Juan Guilherme Nunes Jesus da Belo Horizonte, i reali problemi degli allora campioni d'Italia in carica coincidevano con la mancanza di filtro e di apporto alla manovra da parte di entrambe le mezzali - breve post scriptum: povero Lobotka! -, contributo che, contrariamente a quanto espresso poc'anzi, veniva fornito dagli stessi nell'arco dei dodici mesi precedenti coronati con la vittoria del terzo scudetto.

Morale della favola: lode ad Aurelio De Laurentiis ed al suo braccio destro, Giovanni Manna, per esser stati in grado di convincere "Billy & Scott" a trasferirsi nel capoluogo campano. Un nuovo capitolo - si spera positivo, se non qualcosa in più - della carriera di ambo i britannici. Eppure, varcata la soglia della terra del Vesuvio, i due calciatori si presentano, dinanzi alla nuova tifoseria, con un peso specifico di aspettative da sorreggere in spalla alquanto differente; se la ragione che si cela dietro l'esborso economico compiuto dalla dirigenza azzurra per il primo è - ad oggi - legata allo scovare e, conseguentemente, all'assicurarsi un degno sostituto di Lobotka in rosa, per il secondo la posta in gioco è ben più elevata. Anzi, alla vigilia dell'atteso debutto nella cornice dello Stadio Diego Armando Maradona, egli ha già da raccogliere un guanto di sfida - indirettamente - lanciatogli.

"Essere ciò che non è stato Zielinski": l'arduo macigno - virtuale - sulle spalle di Scott McTominay

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"McTominay potrebbe essere il mio erede. È un centrocampista offensivo che, come me, ama inserirsi nell'area di rigore avversaria e fare gol. Vediamo, molto dipende dal modulo, però è un nome forte: l’ha dimostrato con lo United ed in nazionale. Un valido cambio per 'Lobo' ed Anguissa"; queste le parole pronunciate da Marek Hamsik, sportivo di nazionalità slovacca che non ha bisogno di presentazioni, tantomeno all'interno di un articolo pubblicato su un sito dal nome "CalcioNapoli1926.it", in un'intervista rilasciata nella giornata di ieri, in data 12 settembre 2024, ai taccuini de Il Corriere dello Sport. Una dichiarazione prettamente di circostanza, nessuno lo mette in dubbio, ma sulla quale è possibile ragionare e, spremendo un minimo le meningi, attuare un'interessante riflessione; ma non partendo con la narrazione delle gesta tramutate in storia di Partenope per mano della cresta più celebre del panorama calcistico, bensì dal fallimento - non nell'esperienza analizzata nella sua interezza, ma nell'adempiere al suddetto compito - di chi, prima di lui, era stato accreditato come il successore per antonomasia della "cresta" in questione: Piotr Zielinski.

Le motivazioni scatenanti legate a codesto paragone sono parti integranti di frasi che ognuno di noi, almeno in un'occasione, ha esposto con estrema sicurezza. Ruolo prediletto in campo: trequartista, o per meglio dire, "fantasista". Piede: ambidestro. Qualità tecniche: azzardo affermare che fossero addirittura superiori. Purtroppo, in otto anni di permanenza in quel di Castel Volturno, è sempre venuta a mancare una caratteristica peculiare e che ha contraddistinto il decennio - ed oltre - napoletano di colui divenuto un tutt'uno con la maglia numero 17: la costanza. Un esteta del pallone indiscutibile il polacco, ma non per trentotto partite - volendo arrotondare, quaranta, e ci stiamo limitando -.


McTominay superiore ad Hamsik... in un unico fondamentale

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E adesso, causa trasferimento a parametro zero di Piotr nel freddo Nord, più precisamente a Milano, sponda nerazzurra, il testimone, dal valore inquantificabile, passa forzatamente al nativo di Lancaster. Un "guanto di sfida", come denominato nelle righe introduttive dell'editoriale che state leggendo, il quale son certo che l'ex Red Devils non abbia alcun timore a stringere con decisione. La prima convinzione a riguardo che nasce nell'animo del sottoscritto deriva dai pregi già elencati, facendo riferimento, appunto, al più anziano degli scozzesi sbarcati nel Meridione nostrano sul finire del mese di agosto, dall'originario di Banska Bystrica durante l'estratto d'intervista riportato in precedenza: propensione ad azzannare gli ultimi metri di metà campo avversaria e fiuto del gol. Doti già ampiamente dimostrate nel corso della sosta nazionali appena passata agli archivi: in rete sia contro la Polonia che con il Portogallo. Ed erano gare ufficiali, valevoli per i gironi di Nations League, non amichevoli.

Infinitamente più significativa, invece, è la seconda di queste personali convinzioni, che piuttosto stabilirei come "fatto oggettivo": le capacità difensive del classe '96, appurabili, oltre che attraverso i suoi 193 centimetri d'altezza, anche munendosi delle sempreverdi statistiche (fornite da FotMob.com).

STAGIONE 2019/20 (PREMIER LEAGUE)

  • Presenze: 27
  • Percentuale contrasti riusciti: 51,2%
  • Percentuale duelli vinti: 57,8%
  • Percentuale duelli aerei vinti: 58,7%
  • STAGIONE 2020/21 (PREMIER LEAGUE)

  • Presenze: 32
  • Percentuale contrasti riusciti: 47,1%
  • Percentuale duelli vinti: 59,0%
  • Percentuale duelli aerei vinti: 61,2%
  • STAGIONE 2021/22 (PREMIER LEAGUE)

  • Presenze: 30
  • Percentuale contrasti riusciti: 50,8%
  • Percentuale duelli vinti: 55,2%
  • Percentuale duelli aerei vinti: 66,7%
  • STAGIONE 2022/23 (PREMIER LEAGUE)

  • Presenze: 24
  • Percentuale contrasti riusciti: 59,4%
  • Percentuale duelli vinti: 51,9%
  • Percentuale duelli aerei vinti: 59,6%
  • STAGIONE 2023/24 (PREMIER LEAGUE)

  • Presenze: 32
  • Percentuale contrasti riusciti: 51,0%
  • Percentuale duelli vinti: 49,8%
  • Percentuale duelli aerei vinti: 46,3%
  • Numeri che denotano continuità e che, per dover di cronaca, fatti registrare, per la stragrande maggioranza di essi, nella posizione di centrocampista centrale oppure, all'evenienza, di mediano. Dubito qualcuno gradisca ricordare il rendimento avuto da "Marekiaro" nel periodo in cui un più che noto "sopracciglio" decise di ancorargli i piedi in cabina di regia. Risveglio i traumi più reconditi della mia coscienza al sol pensiero.

    Ma quindi, volendo togliere ogni perplessità e dare un finale adeguato a questo ragionato, quanto raccontato è sufficiente a catalogare Scott McTominay come un calciatore superiore, o meglio, in grado di poter scavalcare Marek Hamsik nella leggenda del club partenopeo? Di peccati, in vent'anni d'esistenza, ne ho commessi a bizzeffe, ma mai mi spingerei fino a questo punto. Soprattutto se bisogna tener conto delle 520 presenze messe a referto dallo slovacco con indosso i nostri colori . Posso, tuttavia, affermare con assoluta fermezza un altro concetto: dobbiamo ritenerci fortunati. Perché, almeno all'apparenza, c'è una mastodontica probabilità che circa 55.000 spettatori ogni quattordici giorni - in media - avranno l'onore di ammirare, mentre solca il manto verde situato a Fuorigrotta, il primo centrocampista a cui poter attribuire l'appellativo di "internazionale" da quel lontano - ed ancor egualmente doloroso -2 febbraio 2019.

    A cura di Alex Iozzi

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