Mazzarri parte dalla tecnica e dalla tattica individuale come Sarri e Spalletti. Perde ore, minuti, sudore a far calciare chi deve migliorare il tiro. A far crossare chi deve migliorare il cross. A far muovere nello spazio quelli che devono attaccarlo. Non sa neanche minimamente cosa significhi la libera interpretazione del gioco. Perché lui nel gioco vuole entrarci e vuole orchestrarlo, cercando di insegnare (dal latino: lasciare il segno) ad ogni suo singolo calciatore qualcosa in più rispetto a quello che già sa in termini di calcio vero. Siamo certi che questo sia molto lontano da ciò che ha fatto Rudi Garcia, sicuramente molto vicino ai calciatori come tempra e disponibilità ma poco incline alla virtù della trasmissione del talento. A Napoli l'impressione avuta è stata quella prima dell'imposizione, poi del compromesso e infine di un equilibrio per nulla condiviso. Nessun calciatore sembrava contento di quello che facesse sul campo, al di là dei rapporti personali. Questo con Mazzarri, Sarri e Spalletti sarebbe inammissibile.
Che Mazzarri faccia bene o male al suo ritorno, - molto struggente, ma bisognerà vedere quanto funzionale in campo nel pratico - la realtà è che De Laurentiis è andato ancora una volta (come dopo Benitez, come dopo Ancelotti) a pescare nell'urna dei maestri di calcio e non degli altri. Mazzarri parlerà a Kvara, a Di Lorenzo, a Lobotka una lingua di campo. Quella che questi ragazzi conoscono bene e non solo perché grazie a questa hanno vinto l'anno scorso, ma perché si trovano ad un livello per il quale non vogliono smettere di apprendere. Anche a costo di perdere, il Napoli deve avere un suo marchio.
A cura di Mattia Fele
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Napoli senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Calcio Napoli 1926 per scoprire tutte le news di giornata sugli azzurri in campionato e in Europa.
© RIPRODUZIONE RISERVATA