Walter Mazzarri dall'alto della sua esperienza, mediaticamente ritenuta mediocre e inferiore a quella di Garcia, è atterrato a Napoli con l'idea di adattarsi ai propri calciatori. Quindi è legale?
Walter Mazzarri in due giorni ha stravolto l'aria pesante che si respirava a Castel Volturno. Lo ha fatto con professionalità, simpatia, maestria tattica. Ha fatto capire ai calciatori che il vento è cambiato (di nuovo), ma questa volta non soffia in direzione ostinata e contraria, avversa alle volontà di un gruppo che aveva vinto uno Scudetto dominando. Un approccio senza nessuna presunzione né pretesa, un po' come si richiedeva a Garcia. Che ha fatto l'opposto. Ora d'improvviso ci sembra possibile e legale l'idea di arrivare nel Napoli senza per forza cambiare tutte le carte in tavola per puro sfascismo, o se non altro per incompetenza o mancato aggiornamento. Persino un tecnico che ha sempre fatto il 3-4-2-1 ha preso una squadra da 4-3-3 e l'ha fatta vincere a Bergamo. Sintomo ancora una volta di quanto sale mediatico venga posto oggi sugli allenatori e le loro ideologie fisse o presunte tali.
Quindi non serviva Einstein
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Mazzarri ha ridato volume alla voce dei giocatori. I terzini sono ritornati verso il centro del campo in costruzione, la linea si è riversata in alto. Addirittura abbiamo sentito parole in conferenza come "abbiamo lavorato sulla linea difensiva, che ultimamente saliva poco". Con Garcia, presto il Napoli sarebbe diventato cortomuso-dipendente, sempre che i calciatori lo accettassero. Per ora solo alla Juve tra le grandi squadre sembra non far clamore la difesa e la ripartenza a oltranza. Quasi a caso. Il Napoli negli anni aveva costruito un DNA e stava per demolirlo con i precetti di un tecnico forse poco aggiornato, forse semplicemente poco adatto ai calciatori e all'ambiente a disposizione. Siamo certi - lo dicemmo persino di Leonardo Semplici - che se Garcia allenasse il Barcellona arriverebbe probabilmente tra le prime due in Liga. La dimensione del Napoli però è una di quelle dove regna l'insegnamento costante. Dove i calciatori vogliono masticare calcio e non egoismi.
Quindi nel post di Atalanta-Napoli scopriamo che era possibile per un allenatore atterrare sotto al Vesuvio senza per forza scardinare un meccanismo fluido e oliato. Senza iniziare strambe marcature a uomo e uscite-palla dal basso con ben poca verve. Senza pressioni smidollate che spaccavano difesa e altri reparti. Il Napoli di Mazzarri non ha preso un (uno, neanche uno) contropiede. Semmai ha rischiato su qualche pallone lungo alle spalle, ma accadeva anche con Spalletti e vivaddio, è indice di dominio del gioco. Chiaramente alcune cose andranno sistemate e ci vorrà che questo tipo di stimolo psico-fisico nei calciatori si mantenga proficuo e costante (anche loro non restano incolpevoli per le 3 sconfitte clamorose in casa ndr), ma già si intravede quello che tutti avrebbero voluto e dovuto vedere sin dal 10 agosto. E non ci voleva Einstein per capire per lo meno di entrare in un luogo in punta di piedi, con umiltà e studio. Evidentemente questione di uomini e non solo di professionisti.
Mazzarri è così sulla scia degli stessi Kvaratskhelia, Simeone, il Kim dell'anno scorso. Ha fame e ritiene Napoli un traguardo. Così come dicemmo del Cholito dopo il gol straordinario segnato al Liverpool, in contrasto con gli Insigne e i Koulibaly, i Malcuit e i Fabian che forse di Napoli non ne potevano più dopo tutti questi anni. A queste latitudini invece c'è bisogno di chi viva il lavoro sul campo come una missione quotidianamente, chi si faccia trasportare dall'entusiasmo e ne crei ancora. Un entusiasmo che rischiava di sfiammarsi anche in Osimhen, per fortuna tornato per questo mini tour de force che vivremo senza neanche troppe aspettative. Ora sappiamo che la stagione del Napoli è ufficialmente passata da certamente altalenante a con buone prospettive e probabili rimpianti. Perché tutto sommato non ci voleva Einstein neanche a scegliere un allenatore migliore ad inizio giugno. Chi vivrà vedrà.