Quindi nel post di Atalanta-Napoli scopriamo che era possibile per un allenatore atterrare sotto al Vesuvio senza per forza scardinare un meccanismo fluido e oliato. Senza iniziare strambe marcature a uomo e uscite-palla dal basso con ben poca verve. Senza pressioni smidollate che spaccavano difesa e altri reparti. Il Napoli di Mazzarri non ha preso un (uno, neanche uno) contropiede. Semmai ha rischiato su qualche pallone lungo alle spalle, ma accadeva anche con Spalletti e vivaddio, è indice di dominio del gioco. Chiaramente alcune cose andranno sistemate e ci vorrà che questo tipo di stimolo psico-fisico nei calciatori si mantenga proficuo e costante (anche loro non restano incolpevoli per le 3 sconfitte clamorose in casa ndr), ma già si intravede quello che tutti avrebbero voluto e dovuto vedere sin dal 10 agosto. E non ci voleva Einstein per capire per lo meno di entrare in un luogo in punta di piedi, con umiltà e studio. Evidentemente questione di uomini e non solo di professionisti.
Mazzarri è così sulla scia degli stessi Kvaratskhelia, Simeone, il Kim dell'anno scorso. Ha fame e ritiene Napoli un traguardo. Così come dicemmo del Cholito dopo il gol straordinario segnato al Liverpool, in contrasto con gli Insigne e i Koulibaly, i Malcuit e i Fabian che forse di Napoli non ne potevano più dopo tutti questi anni. A queste latitudini invece c'è bisogno di chi viva il lavoro sul campo come una missione quotidianamente, chi si faccia trasportare dall'entusiasmo e ne crei ancora. Un entusiasmo che rischiava di sfiammarsi anche in Osimhen, per fortuna tornato per questo mini tour de force che vivremo senza neanche troppe aspettative. Ora sappiamo che la stagione del Napoli è ufficialmente passata da certamente altalenante a con buone prospettive e probabili rimpianti. Perché tutto sommato non ci voleva Einstein neanche a scegliere un allenatore migliore ad inizio giugno. Chi vivrà vedrà.
Di Mattia Fele
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