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editoriali

Mazzarri, prova a costruire il tuo Napoli: quello di Spalletti è evaporato come neve al sole

Mazzarri napoli
inseguire un chimerico passato inafferrabile si sta rivelando un harakiri pazzesco
Emanuela Castelli
Emanuela Castelli Giornalista 

Walter Mazzarri è arrivato sulla panchina del Napoli il 15 novembre scorso: ad un mese e dieci giorni dal suo (terzo) insediamento alla guida degli azzurri proviamo a trarre le prime doverose conclusioni. Il tecnico ha ereditato senza alcun dubbio una squadra attraversata da numerosi problemi fisici, tattici e psicologici, oltre che in evidente penuria di risultati. Il suo predecessore, il francese Rudi Garcia, aveva tradito fin da subito il credo che aveva spinto De Laurentiis a sceglierlo come erede di Spalletti, ovvero proseguire nel solco portato avanti con successo dal tecnico del tricolore.

Già le dichiarazioni di Capodimonte avevano tradito una grossa differenza di attitudine e programmatica tra il patron azzurro e l'allenatore appena insediatosi all'ombra del Vesuvio: mentre, infatti, il numero uno della Società partenopea aveva ribadito di aver scelto il francese per proseguire nel solco del 4-3-3 di spallettiana memoria, questi aveva dichiarato di voler apportare fin da subito delle modifiche per rendere il Napoli meno prevedibile.


Giusto, in linea ideologica: ma cosa si erano detti i due nei lunghi "dieci giorni di incontri e dialoghi" raccontati dal Presidente?

Il Napoli di Garcia aveva iniziato la stagione con la vittoria sulla neopromossa Frosinone, aveva poi vinto col Sassuolo per poi perdere dopo un secondo tempo orribile in casa con la Lazio. Già allora - ed eravamo al 2 settembre - cominciavano a sollevarsi da più parti dubbi sulla condizione atletica dei Campioni d'Italia, che costantemente regalavano un tempo agli avversari, non riuscendo a mantenere continuità nell'arco dei 90'. Dubbi che sono andati via via aumentando nei successivi incontri, quando il Napoli non solo crollava per un tempo di gioco, ma cominciava ad inanellare risultati e prestazioni assai deludenti.

Il crollo con la Fiorentina aveva spinto De Laurentiis a guardarsi intorno, sbattendo contro il no di Conte - suo desiderio per nulla nascosto - che l'aveva portato a trasferirsi di fatto a Castel Volturno, commissariando Garcia che continuava a lavorare sotto gli occhi dell'attento imprenditore. Ma anche questa "soluzione cuscinetto" non era bastata e così, dopo la sconfitta in casa con l'Empoli e una serie di partite assai poco convincenti, ecco che il patron azzurro si era deciso ad esonerare il francese, designando come suo sostituto Walter Mazzarri, autore di una straordinaria epopea all'ombra del Vesuvio tra il 2009 ed il 2013.

Mazzarri è stato accolto con grande entusiasmo da parte della piazza, nonostante un'evoluzione di carriera post-Napoli piuttosto deludente, culminata nell'esonero del Cagliari nel 2022. Ma il tecnico di San Vincenzo, dopo un ottimo avvio con l'Atalanta, non è riuscito a restituire al Napoli identità, certezze e lucidità che sembrava aver perso con Garcia.

Il tecnico è apparso, nella conferenza post Roma-Napoli, in evidente difficoltà, con dichiarazioni che hanno sorpreso la piazza: "Siamo sulla strada giusta", ha detto il toscano a proposito di un Napoli che, invece, quella strada sembra averla smarrita da un pezzo e non riuscire a ritrovarla. 

Ed ora, che fare? Un altro esonero da parte della Società è impensabile.

Occorre piuttosto - e questa pare la strada più sensata - che Mazzarri senta la piena libertà di dare a questa squadra i codici che ritiene più adatti, anche qualora questo dovesse "tradire" il recente passato spallettiano.

Il 4-3-3, infatti, modulo per cui è stato costruito il Napoli, non dev'essere un mantra immodificabile ma una delle soluzioni. E l'allenatore deve sentirsi a proprio agio nelle idee di gioco da trasferire alla squadra.

Vanno benissimo il rispetto e l'ammirazione per il Napoli di Spalletti,  così come lodevole è l'umiltà mostrata da Mazzarri fin dal suo arrivo all'ombra del Vesuvio. A convincere meno, però, è la volontà di seguire pedissequamente uno spartito che si potrebbe non avere nelle proprie corde. Il passato straordinario del Napoli non dev'essere un macigno che rallenta stimoli ed idee. Non dev'essere una prigione ma una risorsa, che può portare ai calciatori la convinzione del proprio valore ma non il diktat ad "essere quelli dell'anno scorso".

Si abbia il coraggio di lasciar andare un Napoli che non c'è più - ma che continuerà a vibrare nei ricordi di tutti - e provare a costruirne uno nuovo. Uno che sia "mazzarriano", e non un goffo tentativo di riprodurre quello spallettiano. Spalletti, per chi non lo ricordi, è adesso su un'altra prestigiosa panchina, quella azzurro Italia. E quel Napoli lì non potrà rivivere: il che non esclude che se ne possa trovare un altro, che - con i suoi codici e le sue idee - possa in futuro tornare a tingere d'azzurro i cieli italiani.

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