"C'era una volta, nella nostra terra, un eroe proveniente dalla lontana Argentina. Aveva capelli ricci, era magrolino e alto più o meno 1 metro e 60: il suo nome era Diego Armando..."; "Maradona!", esclama tutto contento il figlio. "Sì, bravo, ma non interrompermi che altrimenti perdo il filo del discorso"; "Okay, scusa...". Riprende la parola il padre: "Dicevo, il suo nome era Diego Armando Maradona e nel giorno del suo arrivo, Napoli si trasformò in una grande festa. La città si innamorò subito di Diego e, viceversa, Diego si innamorò di noi. L'affetto era reciproco e, una volta ammirato in campo, si trasformò in ossessione. Aveva un modo di giocare a calcio unico: riusciva, grazie al suo mancino fatato, a trasformare un semplice sport in una forma d'arte, la più bella"; "Però non mi hai ancora detto perché ci sei così tanto legato", puntualizza il ragazzino. "Beh, hai presente le grandi potenze del Nord? Le varie Juventus, Milan, Inter che guardi in televisione?"; "Sì, papà"; "Ecco, Maradona le sconfisse tutte, portando Napoli in cima all'Italia e all'Europa"; "Come Kvaratskhelia!", esclama il figlio. "Senti, mi trattengo perché c'è mamma presente, ma la prossima volta che dici una stupidaggine simile ti faccio passare un brutto quarto d'ora!"; "Va bene..."; pronuncia silenziosamente l'ingenuo bambino, spaventato dalla reazione del padre.
"Papà, ma non hai dei video suoi da farmi vedere?", domanda il figlio appena rimproverato. L'uomo, che ha riacquistato in tempo record il sorriso, pesca una delle molteplici videocassette custodite nel mobile sopra cui è posizionata la televisione, prende in mano il telecomando e scaccia il tasto "play". Al termine della visione, il piccolo si gira verso il padre e, con voce tremante, domanda: "Papà, ma qualcuno è riuscito a prendere il posto di Maradona nel Napoli?"; e l'adulto, mentre una lacrime gli bagna il viso, risponde con convinzione: "Nessuno, figliolo... E nessuno ci riuscirà mai".
A cura di Alex Iozzi
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