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editoriali

La città dei miracoli (agli altri): il Napoli ha paura di se stesso

Redazione

Il Napoli non dovrebbe avere bisogno di miracoli per ritrovarsi, ma, nel caso, non ci sarebbero problemi

Premessa 1: il calcio è della gente. Uomini e donne. Bambini e adulti. Famiglie e ragazzi. Le bande incappucciate non c'entrano niente con il tifo globale, quello che manda avanti davvero il carrozzone. Con gli altri tedeschi in giro a fare i turisti. Ma è ridicolo portare 250 fenomeni in felpa bianca a spasso per la città a fare danni, bloccare traffico, incutere paura, generare scontri, e poi arrestarne 11. Se poi questi, dopo aver fatto danni e paralizzato parte della città, se ne tornano pure a casa perché senza biglietto, significa finire nelle guide turistiche dei teppisti, dove a Napoli ti è concesso il viaggio con guida, il giro per le strade e l’atto di vandalismo in omaggio. Sarà un vuoto normativo, ma non è possibile che succeda.

La città dei miracoli (agli altri): il Napoli ha paura di se stesso

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Premessa 2: Il Napoli non giocava solo per la Champions in se stessa. La sua partita principale è la qualificazione ai mondiali per club del 2025 che garantirà grosse quantità di denaro alle squadre partecipanti. Per l'Italia saranno due a competere: una è l'Inter, sicura. In graduatoria la seconda è la Juve ma, non facendo le Coppe, non può aumentare il suo punteggio nel ranking, mentre il Napoli e il Milan alle spalle (i rossoneri attualmente in vantaggio) sì. Pertanto c'è una sfida con il Milan decisiva, che ci impone di guadagnare più punti possibili, i quali si accumulano oltre che nel passaggio turno (+4 agli ottavi, +1 i successivi) anche nelle singole vittorie (+2). Con uno sguardo al Milan il Napoli ha quindi l'obiettivo non solo di passare il turno, ma farlo nel miglior modo possibile.

Detto questo, veniamo alla partita. Serviva vincere, per mettere una seria ipoteca sul passaggio del turno e puntare eventualmente al primo posto nel girone. L'avversario era temibile solo statisticamente, perché quando vieni da 12 sconfitte consecutive più che altro ti domandi se è mai possibile che incassi la tredicesima di seguito. Ma in questa magica città accadono i miracoli, e da Berlino sono venuti a raccoglierlo. Riusciamo a passare in vantaggio (ampiamente meritato) con il sempre più in forma Politano su un cross di Mario Rui, ma la tattica non convince. La squadra è lunga e veniamo scavalcati facilmente con lanci che permettono spesso l'uno contro uno. Molto rischioso.

Nel secondo tempo assistiamo al solito cambio, cioè al “Napoli 2” che sostituisce il “Napoli1”. Su un nostro calcio d’angolo concediamo un contropiede alla coppia Becker-Fofana che si trova una prateria davanti stile i campi di “Holly e Benji” e la mette dentro nonostante la parata di Meret, ottima, che però concede il tap-in a Fofana. Spalletti ci aveva spiegato che al 60° comincia una nuova partita e i cambi sono indispensabili, ma Garcia non ha mai visto il Napoli di Luciano e quindi non lo sa. Finisce 1-1, un punteggio che non mette in crisi il passaggio del turno ma non concede rassicurazioni sulla tenuta in campo dei nostri. Lo dicono anche Politano e Di Lorenzo che una squadra come il Napoli non può subire gol in quel modo. Lo diciamo, sommessamente, anche noi. Le tre vittorie consecutive, obiettivo indicato da Garcia per ripartire, ancora devono arrivare.


Ci tocca l’Empoli e poi la sosta, in attesa di due settimane di fuoco, con Atalanta, Real Madrid, Inter, Juventus e Braga. Per una squadra con queste individualità, reduce da una stagione spettacolare, non dovrebbe essere un test, una prova, ma solo una sfida da affrontare con carattere e consapevolezza, dove dovrebbero essere più gli avversari a temere noi che noi a temere loro. Ma in questo periodo, a fare paura al Napoli, è il Napoli stesso. Il Napoli non dovrebbe avere bisogno di miracoli per ritrovarsi, ma, nel caso, non ci sarebbero problemi. Considerando quelli che elargiamo, “si accettano miracoli” lo possiamo dire. A cura di Maurizio Zaccone

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