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editoriali

La “paragonite” del giornalismo italiano (scarso) si tenga pure lontana da Kim e Kvaratskhelia

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Kim e Kvara sono due calciatori fortissimi, acquistati per sostituire presenze (ritenute) fondamentali. Si sono presi il Napoli ma i media esagerano e allora due sono le opzioni: giornalisti scarsi o voglia di destabilizzare?

Mattia Fele

Kim Minjae e Khvicha Kvaratskhelia si sono presi il palcoscenico. Sono attori protagonisti di un primo quarto di stagione stellare. Negarlo sarebbe impossibile, così come sono evidenti i meriti di Giuntoli, di Spalletti e della squadra tutta nell'aver preso parte ad un processo di adattamento semplicemente perfetto. Ciò nonostante in Italia proprio non si vuole lasciar in pace i nuovi arrivati, che ogni giorno si ritrovano i faccioni pubblicati sui social di ogni agenzia di stampa o emittente televisiva con qualche panegirico o paragone stellare allegato. Kvara è Kakà ma anche Lavezzi ma anche il primo Boksic. Kim è un po' Skriniar. Ma per favore.

Come un amico

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Due domandine sorgerebbero spontanee anche ad un illetterato del calcio: è un giornalismo che vuole destabilizzare o è solo scarso? Perché nel guardare i dribbling di Kvara non viene in mente semplicemente Kvaratskhelia Khvicha, ex Dinamo Batumi snobbato da tutti tranne dal Napoli? E le chiusure di Kim devono per forza somigliare ad un altro? È la spersonalizzazione del talento, purtroppo mandata avanti da anni (si pensi ai pallonetti di Mertens che "somigliavano a quelli di Maradona..." ndr) e non solo attorno al Napoli. Basti pensare a quanti nuovi Leo Messi siano nati in tutto il mondo secondo i giornalisti locali: il Messi bulgaro, ungherese, pakistano e via discorrendo. Quest'anno però le esagitazioni e gli elogi sembrano così clamorosi da far addirittura notizia, e questo soltanto perché i media più importanti non hanno il coraggio di aspettare o non hanno competenze forti per andare sui contenuti. Quindi si guarda il doppio passo di Kvaratskhelia pensando al gol di Kakà in Manchester-Milan 3-2 del 2007. Ma che senso ha? È una sorta di macumba? Un rito magico per scardinare le certezze degli avversari? Il Napoli sembra prima - a inizio stagione - la spacciata, poi diventa la sorpresa e poi a marzo si accorgono che in realtà sta lì in alto da dieci anni. L'anno scorso Mertens era dato come più scarso e meno decisivo di Zaniolo ai pronti-partenza-via. Ora anche Raspadori - che ha fatto due ottime partite in Nazionale e con il Napoli ha segnato il suo primo gol in Champions - è come Del Piero, per poi dargli del Riganò al primo errore? Meret invece a chi assomiglia? C'è da cambiare rotta e trovare QUALITÀ. Un consiglio come fossi un amico.

Di Mattia Fele