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editoriali

Lo slogan d’auto-aiuto allegriano «sul campo 50 punti, anzi 52» è il nuovo «38 Scudetti»

Mattia Fele

Viaggio nel mondo parallelo della Juventus s.p.a.

Chissà perché mai anche nel 2023 (come dal 2006) una frangia di parte juventina si sente superiore alle istituzioni sportive e non. Purtroppo in qualche caso con stampa e tesserati bianconeri compresi, senza parlare degli opinionisti (scarsi) invitati in tv a chiacchierare per creare un contraddittorio e quindi un picco di ascolti. Nel 2006 alla Juventus furono revocati 2 Scudetti e per anni - gli anni delle 9 pregevoli vittorie di fila - tutti i tifosi allo stadio sembravano non tenerne conto. Quei 2 Scudetti erano vinti sul campo e dunque intoccabili, impassibili di qualsiasi punizione e/o revoca e illesi. Poco importava se - a prescindere da quanto sia giusto, da quanto non ci sia stata una punizione altrettanto forte per altri - c'era una sentenza bella e buona. Che senso ha allora rivolgersi ad un magistrato sportivo se non se ne accettano i giudizi?

Allegri e la sua frase sui punti "effettivi" della Juventus

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Un po' come un genitore new generation che non accetta i brutti voti al figlio che poverino ne ha passate tante, così Massimiliano Allegri sull'onda dello juventinismo ripete a menadito lo slogan dei 52 punti. Al momento però ne ha 35, considerando i 15 tolti e in attesa di ricorso (vedremo poi cosa diranno in caso di conferma ndr), e i 2 "rapinati" da un errore arbitrale evidente in Juventus-Salernitana, che poteva avvenire a tutti. Allegri ovviamente non menziona il fatto che era stato dominato dagli uomini di Nicola per una partita intera ed era sotto 0-2. Pur volendo considerare quest'ultima come una "battaglia" accettabile, sui 15 punti tolti ci sarebbe un libro da scrivere (magari non nero, ndr). È indubbio: la Juventus ha sul campo ottenuto 50 punti e sarebbe al momento seconda a -15 dal Napoli di Spalletti. Ma a cosa serve il campo se poi esiste una giustizia che deve chiaramente giudicare l'operato lecito o non lecito di quel campo? Se esistono delle regole, dei fogli di carta, se batte un martelletto di un giudice che esiste per questa ragione e il cui giudizio ci piace anche quando abbiamo ragione (vedere accese discussioni sul caso ASL Juve-Napoli), non ha nessunissimo senso continuare a comunicare di una classifica bugiarda. Significa togliere valore agli errori commessi. Alle schifezze contrattuali, alle ammissioni di plusvalenza. 

Le hanno fatte anche altre squadre? Sì, e quando verranno giudicate siamo tutti certi che non avranno molto di cui lamentarsi. Verranno prosciolte? Vorrà dire che non c'erano evidenze - nel caso della Juventus invece sì - tali da poter punire qualcuno o qualcosa. Il Napoli le ha fatte con Osimhen? È molto probabile, ma non esistono intercettazioni in cui Giuntoli lo comunica a De Laurentiis o a Chiavelli. Che mondo è quello in cui si commette un illecito evidente ma si punta il dito verso chi ne ha commesso altri, per giustificarsi? Sotto sotto, lo juventinismo grida: è una pratica comune, la facciamo tutti, continuiamo a farla perché conviene anche a voi. No, non conviene al calcio. La Juventus di Agnelli ha forzato il passo per tentare l'inseguimento chimerico alla Champions League e ha fallito miseramente. Come tutte le aziende, il rischio d'impresa esiste e il costo è elevato. Quello della Juventus (per ora) sono 15 punti in meno in classifica, ma nel frattempo i bianconeri sono agli Ottavi di Europa League e in buona corsa in Coppa Italia. Potrebbero anche chiudere la classifica in una posizione dignitosa: perché, allora, non passare avanti e chiedere scusa, sentirsi mortificati per essere (di nuovo) i portabandiera al negativo del calcio italiano invece di idolatrare quanto avvenuto sul campo? Sul campo non conta sempre. Altrimenti il calcio italiano si doti di una legge propria, si faccia Stato e se ne freghi del giudizio super partes di altri. D'altronde, si parla dei fautori della Superlega...

A cura di Mattia Fele