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editoriali
Lorenzo Insigne (Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images)
Lorenzo Insigne è senza dubbio il leader tecnico ed emotivo del Napoli di oggi. È l'elemento trainante, il trascinatore di una squadra che forse vive il momento più difficile della sua storia recente.
Il 24 gennaio 2010 Walter Mazzari lo fa esordire in Serie A in un Livorno-Napoli negli ultimi istanti di una gara il cui risultato è già orientato a favore degli azzurri.
Qualcuno dice: "il ragazzo ne farà di strada". Mai espressione è così azzeccata. Quelle sue doti di talento acerbo non ancora sbocciato non impiegheranno molto ad emergere. Il prestito alla Cavese prima, la stagione a Foggia l'anno successivo. La genesi dell'aspirante campione ha inizio sotto la guida fidata del maestro Zeman. È proprio quest'ultimo a rivolerlo a Pescara. In terra abruzzese il talento di Frattamaggiore esplode, sfodera i colpi del predestinato. Uomo gol, assist per i compagni. Fa talmente bene da far ricredere anche i più scettici che provano già ad immaginare il suo ritorno in maglia azzurra. Terminata la stagione, il Napoli cede Lavezzi al Psg e l'opinione pubblica chiede, pretende che il Pocho venga sostituito adeguatamente. Mazzarri è deciso e lapidario in tal senso: "Io mi tengo Lorenzo Insigne".
Nessun nuovo prestito, le gesta del campionato disputato a Pescara e poi vinto gli valgono la permanenza.
È il 16 settembre 2012, al San Paolo il Napoli ospita il Parma. Lorenzo in panchina scalpita, è smanioso di giocare e di poter dare una mano ai suoi compagni di squadra. La partita è ancora in bilico, gli azzurri sono in vantaggio di una sola rete. Mazzarri questa volta decide di farlo entrare e lui lo ripaga mettendo a segno la rete del definitivo 3-1. Nella sua esultanza c'è un volto dal quale traspare la gioia irrefrenabile di chi ha appena realizzato il suo sogno da bambino. Quel bambino ormai uomo che da li a poco sarebbe diventato Lorenzo Insigne.
Un cammino il suo che s'interrompe bruscamente il 9 novembre 2014. A Firenze si consuma il momento più brutto della sua vita in azzurro. Lorenzo cade a terra, le urla strazianti per un dolore al ginocchio che non lasciano presagire niente di buono. La diagnosi è tremenda: rottura del legamento crociato del ginocchio destro. Lo sconforto dopo aver realizzato l'accaduto lascia ben presto spazio alla consapevolezza del "io devo farcela". L'azzurro non si abbatte, nella sua testa c'è solo un obiettivo: tornare protagonista. Lavora sodo, segue scrupolosamente le indicazioni dello staff medico tanto da accorciare i tempi di recupero. Tornerà abile ed arruolabile dopo "appena" quattro mesi e due settimane.
A Benitez succede Sarri. Saranno questi gli anni della definitiva consacrazione nel Napoli e nella nazionale. Il beniamino del tifo partenopeo che diventa però il bersagli facile delle critiche. Beniamino e criticato? Si, un paradosso tutto "napoletano". È avvilente quasi per un professionista esemplare come lui subire delle critiche a volte ingiuste e talvolta pretestuose. È proprio la capacità di riuscir a far prevalere la sua spiccata personalità sull'aspetto emozionale ed umano a renderlo un calciatore fuori dal comune. Doti, per l'appunto, che nonostante questo, gli consentono oggi di essere il leader tecnico ed indiscusso di questa squadra.
Napoli ed i napoletani gli riconoscono finalmente oggi di essere quella bandiera che molti in questi anni hanno provato invano ad ammainare. Il legame adesso è forte, forse indissolubile. Quella concezione quasi valoriale che Lorenzo ha della maglia azzurra finalmente si percepisce, la si tocca con mano. Questo idillio finalmente "s'ha da farsi". Quello di Insigne è il classico esempio che smentisce la teoria del "Nemo propheta in patria". Lorenzo ne è la dimostrazione dell'esatto contrario. Si, lui è il profeta che nella sua patria ha sconfitto i luoghi comuni.
A cura di Domenico Riemma
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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