Garcia ha chiaramente notato quest'aspetto comunicativo e questa pressione che potremmo chiamare dell'uguaglianza costretta, questo inebetirsi di passato e rannicchiarsi per tenerlo con sé. Al punto che in conferenza, alle domande sull'anno scorso e sulle eventuali differenze risponde: non lo so, non c'ero. Che ovviamente è una risposta senza senso. Ovvero di grande diplomazia, che è la bugia politica entrata nel pallone. È ovvio che Garcia abbia studiato il Napoli dell'anno scorso e le prestazioni dei suoi attuali giocatori. È solo che non può sopportare di essere stato assunto per continuare il lavoro di un altro. Nessuno di noi potrebbe imitare il suo predecessore una volta ingaggiato per un compito, e non è solo una questione di orgoglio o convenienza. Una macchina perfetta non è detto che continui ad esserlo con la sostituzione anche di un minuscolo ingranaggio, per cui tanto vale metterci le proprie mani e vedere se anche il proprio meccanismo combacia. Se si può vincere in altra maniera. Adani ha ragione: il Napoli non è quello di Spalletti, ma non è detto che quello di Garcia non possa vincere.
Per questo e per altre ragioni, tacciare Garcia di essere poco furbo per non aver giocato d'imitatio con Spalletti è una roba da vedovelle. Successe lo stesso quando a Napoli si diede del pensionato a Carlo Ancelotti e del raccomandato a suo figlio perché non adatti a Napoli e perché troppo lontani dalla bellezza di Sarri dell'anno prima. Poi Ancelotti ha vinto la Champions League. Di certo, e questo è un parere squisitamente calcistico, è vero che una squadra come il Napoli ha bisogno di uno spartito per stare ai vertici delle competizioni per cui gioca: di un'identità sul campo. Di occupare bene gli spazi e le posizioni perché non ha calciatori estremamente atletici, noti e tecnici. Ha un grandissimo collettivo che limita i danni col grande spirito di sacrificio di tutti nei confronti di tutti. Ha poi un reparto offensivo straordinario e in Zielinski-Lobotka-Anguissa un trio molto compatibile quanto a distribuzione di caratteristiche tecniche. Garcia questo lo sa bene e tutti ricordano il 3-5-2 iper-difensivo con cui il suo Lione arrivò in Semifinale di Champions League, nonostante sia e fosse un patito del gioco offensivo. Questo ci fa capire che è un uomo che si cala nelle realtà e le legge per quelle che sono. Quella del Napoli è da 4-3-3/4-2-3-1 (lo capirebbe anche un bambino ndr). Ma è il suo 4-3-3/4-2-3-1. Con pregi e difetti.
Nella forma e nella sostanza sarà un Napoli diverso. Che può anche non piacere o essere più divisivo, meno amato dagli avversari e dai tifosi perché ha meno dominio ed è più in equilibrio rispetto al campionato. Può perdere più partite e giocarne altre magari con picchi superiori rispetto all'anno scorso. Pur considerando che anche per Spalletti questa stagione sarebbe stata difficilissima. Non per nulla ha mollato.
Di Mattia Fele
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