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editoriali
"Nel calcio non c'è posto per il razzismo o per qualsiasi forma di discriminazione". Sono le parole di Gianni Infantino, presidente della Fifa, che, intervenuto ai microfoni dell'ANSA, ha commentato quanto accaduto l'altro ieri ai danni del centravanti dell'Inter Romelu Luaku. "E' semplicemente inaccettabile vedere gli insulti razzisti rivolti dagli spettatori a Romelu Lukaku, attaccante dell'Inter, durante la partita di Coppa Italia con la Juve", a Torino. "La FIFA e il sottoscritto siamo al fianco di Lukaku". Infantino ha poi sottolineato che il calcio deve "garantire l'applicaione di severe sanzioni" e ha rinnovato l'invito ai tifosi a "mettere a tacere i razzisti". Anche il ministro dello Sport Abodi si è "scomodato" e ha detto la sua attraverso i proprio canali social: "Il razzismo è insopportabile ovunque, tanto più su un campo di calcio... su qualunque campo di calcio, a partire dagli stadi di Roma, Torino, Milano, Monza, Bergamo, Cremona, Verona, Udine, Genova, La Spezia, Bologna, Sassuolo, Firenze, Empoli, Napoli, Salerno, Lecce. RISPETTO!".
Due giorni fa lo stesso Abodi aveva espresso il desiderio di vedere la scritta RISPETTO su tutte le maglie "per testimoniare un impegno in campo e sugli spalti dei nostri stadi, ma non solo", aggiungendo che "non si possono accettare i cori razzisti, tutti!!!". Ecco, queste sono due testimonianze autorevoli, due testimonianze che però sottolineano - ancora una volta - il divario nella percezione e nella considerazione mediatica tra ciò che accade a Milano e ciò che accade a Napoli. Senza scomodare quelle teorie para-lombrosiane che ci raccontano ancora una volta del vittimismo partenopeo, dobbiamo dire le cose come stanno. Limitarci ad analizzare i fenomeni senza preconcetti. In Italia esiste una sorta di razzismo nel razzismo, vale a dire una discriminazione che concerne ciò su cui è possibile discriminare. A partire dai cori contro i napoletani, un tema che quest'anno è passato un po' in sordina per un motivo molto semplice: il Napoli straripante scoraggia pure quelle scimmie che si lanciano in ululati bestiali. Ma non è questo l'argomento decisivo del nostro editoriale.
Tornando al nodo gordiano della vicenda e cioè al razzismo nei confronti dei giocatori di colore, dobbiamo ricordare che Kalidou Koulibaly si è battuto più volte per questa causa, ma non ha ottenuto la stessa considerazione mediatica del collega interista. Insomma, pare che alcuni soggetti siano più credibili di altri quand0 c'è da battersi per i diritti civili. Ma sarà vero? All'epoca in pochi si sono scandalizzati. "Scimmia di me**a, mi hanno chiamato così. Questi vanno tenuti fuori dagli stadi per sempre". Queste le dichiarazioni allora rilasciate del nostro gigante d'ebano, quell'indimenticato vice-capitano che, anche se resta sempre nei nostri cuori, non ci manca più di tanto. Siamo onesti, Kim non ce l'ha fatto rimpiangere. Ma questa è tutta un'altra storia. Koulibaly a San Siro venne espulso per doppia ammonizione. La Gazzetta dello Sport riportò l’accaduto con queste esatte parole: “Il gigante della difesa napoletana ferma Politano (beccandosi il giallo) e poi viene sommerso dai ‘buuuu’ della curva Nord. Il franco-senegalese reagisce con un applauso, non chiaro se rivolto a Mazzoleni [il direttore di gara, n.d.R.] per il giallo o al pubblico per i cori razzisti. E l’arbitro lo espelle”. L'applauso era naturalmente rivolto alla curva nerazzurra. Dopo un paio di giorni la notizia fu tacitata dai principali organi di informazione. Ma all'estero se ne è parlato molto. La speranza è che il potere mediatico e politico dell'Inter possa fare finalmente luce su una piaga da debellare quanto prima. All'ombra del Vesuvio certi privilegi restano ancora lettera morta. C'è chi ha voce e chi no. E Kalidou ne sa qualcosa visto che proprio come Don Chisciotte, ha lottato per anni contro i mulini a vento del doppiopesismo.
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