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editoriali
L'abbraccio è uno dei più grandi atti di fiducia che un essere umano possa attuare. Nell'abbraccio c'è affetto, c'è la sensazione di sentirsi al sicuro per qualche secondo o minuto. Nell'abbraccio ci si rende conto di non esser soli. In questo stringersi di braccia e cuore c'è uno scambio in cui ci si abbandona senza la paura di esser tradito. Spesso sui campi di calcio dopo un gol o al termine di una partita vinta si vedono giocatori stringersi per festeggiare un traguardo raggiunto insieme, come una famiglia. Ci sono abbracci che emozionano particolarmente i tifosi perché simboleggiano l'inizio di un'era o la fine.
Un esempio è quello di Giovanni Di Lorenzo che corre incontro ad Antonio Contedopo il gol contro il Cagliari che ha aperto le marcature per la goleada in terra sarda. Un gesto che segna definitivamente l'inizio della nuova era del Napoli dopo il fallimento della scorsa stagione. Un abbraccio simbolo tra capitano e il nuovo comandante che arriva dopo un'estate in cui il terzino è sembrato vicino all'addio dopo un malumore figlio della delusione di un'annata difficile. Proprio Conte è riuscito a far rientrare il caso facendo risentire l'azzurro al centro del villaggio. Uomo chiave per ricominciare. Giovanni ha ringraziato tornando a sorridere e divertirsi come non faceva da tempo, ma soprattutto ricominciando ad essere un giocatore determinante che trascina sul rettangolo verde e verso quella panchina dove siede l'uomo a cui è affidata la rinascita e che sta mettendo anima e cuore per riuscire nella sua missione. Proprio in quell'abbraccio il Napoli è tornato ad essere un gruppo unito.
Ma l'immagine di Di Lorenzo che corre incontro alla panchina delNapoli rimanda ad un altro momento emozionante per i tifosi partenopei. Quello che sancì la chiusura di un ciclo magico per il club azzurro culminato con uno scudetto storico. Il capitano dopo un gol straordinario contro l'Inter andò verso Spalletti, che aveva comunicato da poco il suo addio alla squadra, per stringerlo in un abbraccio di riconoscimento insieme a tutti i compagni. Un gesto che ancora oggi fa scendere una lacrima di gioia e malinconia ai napoletani che capirono in quel momento che quel presente sognato da tempo nel giro di pochi giorni sarebbe diventato passato. La fine di un'era, la gioia di un trofeo ancora da alzare, l'istante in cui tutti stretti ci si rende conto di esser entrati nella storia. 483 giorni dopo la sensazione è completamente differente. Nessuna fine, ma un nuovo inizio che ha il sapore della liberazione. Della sensazione di sentirsi di nuovo al sicuro tra le sapienti braccia di un tecnico capace di riuscire a ricostruire giorno dopo giorno uno spogliatoio sfaldato. La speranza è quella di poter esultare nuovamente insieme con un trofeo da alzare al cielo. Per ora, però, l'importante è esser ripartiti dall'abbraccio del capitano al nuovo comandante.
A cura di Sara Ghezzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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