editoriali

Com’è possibile che il Napoli si sia accorto solo oggi (e non a luglio) degli “scontenti”?

De Laurentiis
Resta incomprensibile e misterioso il comportamento del Napoli post-Scudetto, con occhi e orecchie foderate di prosciutto alle richieste degli "scontenti" che volevano andar via e che ora porteranno a una rivoluzione a metà
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Improvvisamente il Napoli s'è accorto che in rosa aveva degli scontenti e ha venduto Elmas, sta per piazzare Zanoli e forse Gaetano e Zerbin. Addirittura potrebbe rinunciare a Lindstrom per darlo via in prestito, dopo aver investito su di lui 25 milioni e aver (sempre improvvisamente) capito che non facesse al caso del 4-3-3. Ah, per non dimenticare il caso del difensore: dopo più di 20 gol subiti in 7 partite, il Napoli si è reso conto che Kim non è stato sostituito con un'individualità all'altezza della situazione, nonostante Natan sia un buonissimo calciatore con ottime potenzialità sia fisiche che tecniche. Semplicemente forse non è ancora pronto per fare la differenza in un sistema di gioco (quale, poi?) con princìpi di un certo tipo, più evoluti di quelli del Red Bull Bragantino. Lungi da chi scrive gettargli la croce e fargliela tenere. Dov'era il Napoli quando nel post-Scudetto c'era da cambiare?

L'Illuminismo francese?

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Dubitiamo che siano stati solo gli errori marchiani di Rudi Garcia a dare l'illuminazione alla società. Sono servite le figuracce contro Inter, Frosinone e Roma. Il nervosismo e la frenesia visti contro Lazio e Fiorentina, le brutte prestazioni in Champions nonostante il passaggio del turno da secondi nel girone. La realtà è che la situazione era già preesistente e serpeggiava tacita nello spogliatoio: se addirittura Elmas l'anno scorso - nell'anno del trionfo generale - mise un post sui social (poi interpretato come sfottò) sul suo vivere le gare sempre in panchina. E così immaginiamo anche Simeone - meno Raspadori, più utilizzato quest'anno - che almeno nella scorsa stagione quando entrava era decisivo. Sempre. Per non parlare di Zanoli che nessun tecnico schiererà mai finché sarà in salute capitan Di Lorenzo, o Gaetano ancora visto come un "giovane" e non come un giocatore pronto (spoiler: lo è). Con l'acuirsi degli insuccessi è ovvio che queste piccole situazioni esplodano tutte insieme e diventino pesanti da sopportare in un gruppo, o addirittura possano evolversi in sintomi di malattie tecnico-tattiche o cause di prestazioni opache.


Questo solo per non parlare del ritardo nei rinnovi di Zielinski - il polacco ha rifiutato un contratto monstre dall'Arabia - e Osimhen, del mancato adeguamento di uno come Khvicha Kvaratskhelia. Della perseverante presenza senza un minuto di gioco di Diego Demme, tenuto a Castel Volturno perché difficile da piazzare. Crediamo sia anche il momento che il Napoli cambi lievemente il suo modo di impostare le trattative, talvolta troppo minuziose e lente. Questo porta ad un blocco vero e proprio di alcuni calciatori sia in entrata che in uscita e crea macigni, problemi che si manifestano nel corso della stagione. Non è un caso che ora Meluso e De Laurentiis siano costretti a una rivoluzione in corso d'opera, che questa squadra fece (solo in parte) con il cambio Ancelotti-Gattuso portando a una Coppa Italia in bacheca ma ad un settimo posto completamente insoddisfacente. Ancora oggi sarebbe clamoroso dopo un trionfo a più di 16 punti dalla seconda. Come già scritto e detto, questa stagione del Napoli insegnerà molto su come si vince e su come non si vince.

Anche la stessa scelta di assumere un direttore sportivo secondariamente alla scelta di un allenatore sembra quanto meno bizzarra. Ma non vogliamo soffermarci vita natural durante su tutti gli errori della gestione societaria, togliendo responsabilità ai calciatori che non si stanno compattando come sanno fare (ce l'hanno dimostrato) e non stanno riuscendo a superare i propri demoni interiori, i propri drammi di manifesta superiorità in decadimento. Il Napoli sembra non accettare di andare in campo e vedere che certe cose non riescono, così come di dover disputare un 2024 da non-protagonisti in un campionato non così diverso da quello dominato di neanche sei mesi fa. Tutto questo rende la prosecuzione di alcuni rapporti totalmente impossibile e sì, si poteva prevedere. Non serviva il telescopio o un pedagogo. I cicli possono terminare anche con i grandi trionfi, che spompano esattamente come le grandissime vittorie. Forse questa è l'unica cosa che aveva capito Rudi Garcia, pur con tutti i suoi difetti e la sua inadeguatezza ad allenare calciatori così evoluti. Che prima hanno dato la colpa ai meccanismi dell'allenatore e poi hanno dimostrato di essere stati i primi a sfaldarsi nelle difficoltà.

Di Mattia Fele

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