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editoriali

Gli eccessi che si attraggono: così chi inneggia alla vendita fa un favore a De Laurentiis

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Contestare è un diritto. È scritto nell'antica (oggi più soggettiva che mai) dicotomia bene-male, giusto-sbagliato ed altri binomi assoluti che si sorreggono a vicenda e si fanno giudicare. Ma coi filoni di pensiero dove si va, nel calcio?

Mattia Fele

Nel tempo, negli anni abbiamo imparato a conoscere Aurelio De Laurentiis e la Società Sportiva Calcio Napoli. Ne abbiamo inquadrato pregi (tanti) e difetti (tanti), li abbiamo osservati maneggiare differenti situazioni tecniche ed economiche, ottenere risultati distinguendosi dalla massa delle società indebitate e perdere colpi proprio nel momento clou della spinta verso l'alto. Non può esserci sfuggito niente. Ciò nonostante come una serpe a Fuorigrotta sibila ancora un malumore inutile, deleterio e completamente controproducente rispetto a come (e a cosa, su che tematiche) si possa e si debba contestare una società che è seconda solo alla Juventus nei punti fatti in Serie A negli ultimi dieci anni.

La Basilica di Cerignola

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La città degli eccessi non può vantarsi di essere la città degli eccessi, anzi: è una consapevolezza da combattere. Uno Scudetto a Napoli è come mille Scudetti a Milano? No, è sempre uno. L'urlo The Champions del Maradona è il più forte e affascinante al mondo? No, ormai gridano tutti. Napoli merita di vincere lo Scudetto? Sì, come anche tutte le altre 19 squadre.

Parte tutto da qui, da un ridimensionamento di aspettative che non significa resa, ma equilibrio rispetto ad una realtà che ha comunque ricevuto più del normale, più della media. Cosa ha impedito al Napoli di allontanarsi da palcoscenici importanti come successo alla Roma, all'Inter e al Milan per anni, al Bologna e alla Fiorentina e al Torino che pure sono squadre di grandi capoluoghi e storia? Semplice: la gestione tecnica dei dipendenti di Aurelio De Laurentiis. Non è possibile dimenticarlo ed è un delitto darlo per scontato, come a dire Sì, però... niente però. Un risultato è lì che si vede ed è sacrosanto. Lavezzi, Cavani, Hamsik, Mertens, Koulibaly, Jorginho, Insigne sono esistiti. Non sono frutto del servilismo o dell'asservimento al patron del Napoli. Si chiama realtà.

Poi sono stati fatti degli errori (ed è su quello che andrebbero mosse critiche, specifiche e costruttive): le pecche comunicative e organizzative del Napoli ad esempio sono enormi, specie se ci si rapporta alle squadre del Nord, che vantano un assetto completamente differente quanto a potere mediatico, dialogo con stampa e tifosi, velocità e trasparenza nel comunicare accordi, acquisti o cessioni. Ma anche qui si rientra nell'opinione e vale tutto, dalla polemica sull'assenza dell'ex calciatore-mediatore alla Maldini fino ad arrivare ai prezzi dei biglietti (che però a San Siro sono il doppio ndr): chi scrive ad esempio ritiene che meglio si dovrebbe fare a livello infrastrutturale, ma le difficoltà del Comune di Napoli non sono quelle del Comune di Milano, forse neanche quelle di Roma - che sono tante -. Ancora si è commesso un errore quando la società ha voluto rifiutare i 100 e gli 80M per Koulibaly e Allan, i 50M per Hysaj. L'esonero di Ancelotti e la gestione dell'ammutinamento, la lentezza su alcune parti di trattative, i diritti di immagine e tutti quei pruriti (giustificabili) che possono far partire dei dibattiti interessanti. Ma con cultura.

Criticare è per chi sa (e comunque meglio farlo a fine mercato, se non addirittura a fine anno ndr), gli altri dovrebbero attenersi al tifo. Invece c'è chi a Napoli sa schierare meglio di Spalletti il 4-2-3-1, sa fare mercato meglio di Giuntoli e può dire a De Laurentiis come gestire il suo patrimonio. Per questo chi inneggia in modo tossico al cambio di proprietà (il famoso gruppo #A16) non fa altro che fare un favore a De Laurentiis, avvicinando alla causa del Presidente anche i dissidenti timidi e intelligenti, che hanno da ridire sulla gestione del Napoli ma non si spingono agli slogan da "Don't Look Up". Tutti sono così costretti a difenderlo, perché di fronte all'assurdo la prima reazione è ragionare. D'altronde, non aver mai sbagliato in 18 anni sarebbe assurdo altrettanto. Nessuna posizione è quella giusta, o l'errore è proprio avere una posizione. Anzi, la posizione dovrebbe essere il Napoli. Non era questo, il tifo?

Concludendo, se dovesse arrivare una proposta appetibile è chiaro che per il bene del Napoli il presidente resterebbe fuori a guardare la sua creatura crescere. Magari grazie ad un fondo o ad un estimatore lontano. Può anche essere più o meno giusto riporre in questo speranza: ma la sommossa popolare anti-presidenziale è squallida nonché molto selvaggia, ignorante. Non per nulla, parliamo di chi neanche sapeva che l'A16 ha come destinazione non Bari, ma la Basilica di Cerignola.

A cura di Mattia Fele 

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