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editoriali

Crisi Napoli, difesa di burro e attacco spuntato: quando anche i campioni non ci credono più

Emanuela Castelli
Emanuela Castelli Giornalista 

Gli azzurri subiscono troppi gol e in quattro delle ultime otto gare non hanno segnato

Della crisi del Napoli Campione d'Italia si parla oramai da mesi: le lunghe e dettagliate analisi condotte fin qui hanno messo giustamente sul banco degli imputati - complici i risultati maturati in campo - la fase difensiva, rea di aver subìto gol a valanga sia dalle dirette competitors (vedi l'Inter, che ne ha fatti ben 3 al Maradona) che da squadre sulla carta estremamente inferiori agli azzurri (vedi il Frosinone, che ha maramaldeggiato al Maradona segnando quattro reti ed eliminando il Napoli dalla Coppa Italia).

Ma un altro dato assai allarmante è rappresentato anche dall'attacco: il Napoli si conferma al primo posto in Italia per possesso palla, ma quest'ultimo diventa sterile se poi le numerose azioni create non si trasformano in gol.

Da quando Mazzarri si è insediato sulla panchina azzurra il Napoli ha segnato otto reti in otto partite totali, ma in realtà è rimasto a secco in quattro gare (con Inter, Juventus, Frosinone e Roma). Un bottino molto misero, se si pensa ai giocatori presenti in rosa: Osimhen (reduce da un infortunio), Simeone (poco utilizzato), Raspadori, Politano, Kvaratskhelia, senza citare Zielinski, che è calciatore che può mettere in difficoltà per caratteristiche tecniche le retroguardie avversarie.

E allora, le parole di Juan Jesus a Sky Sport nell'immediato post partita Roma-Napoli, sono fotografia del momento degli azzurri: "Ci manca fare gol, se fai gol inizi ad avere fiducia, può crescere pian piano la tranquillità e la serenità che avevamo l’anno scorso. Non ci si dimentica come giocare al calcio all'improvviso. Abbiamo vinto uno scudetto meritatamente e oggi facciamo un po’ di fatica, ma dobbiamo la serenità e la consapevolezza che siamo forti e dei bravi calciatori".


La fiducia passa anche dal gol, che è linfa vitale per chi sta in campo. Gli attaccanti, al momento, paiono privi di lucidità e brillantezza, caratteristiche indispensabili per andare a rete. Il dribbling insistito di Kvaratskhelia (che poi sbaglia il tiro) e la solitudine di Osimhen (che spesso non trova un compagno su cui scaricare il pallone nella trequarti avversaria) sono l'emblema di un Napoli senza organizzazione di gioco, senza velocità in fase di impostazione, finanche senza idee.

Ecco, Mazzarri è chiamato a restituire un'identità a questa squadra: perché è vero, come dice Juan Jesus, che non ci si dimentica da un giorno all'altro come si gioca a calcio. Ma è anche vero che i calciatori devono avere uno spartito tattico ed organizzativo chiaro in cui muoversi con sicurezza e decisione.

Tra quattro giorni ci sarà il Monza, nuovamente in casa: tornare a vincere davanti al proprio pubblico - che per la prima volta con il Frosinone ha fischiato la squadra - potrebbe restituire almeno in parte quella fiducia di cui l momento il Napoli ha un disperato bisogno.


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