00:14 min

editoriali

I gufi, il ristorante da 100€ e “Sono antipatico”: le 10 frasi cult di Conte

Alex Iozzi
Dieci aforismi di un condottiero nato, pronto a servire Napoli ed i napoletani

"Antonio Conte ricoprirà l'incarico di allenatore della Società Sportiva Calcio Napoli nella stagione che verrà". Fino a qualche tempo fa, ogni qualsivoglia abitante di Partenope avrebbe riso di gusto dinanzi ad uno "scoop" calcistico di tale portata mediatica. Oggi, invece, quelle stesse persone, quei medesimi tifosi scettici aprono gli occhi all'alba del giorno ed esclamano: "Ha fernut 'e chiovere!". La pioggia, un fenomeno naturale costante che da circa dodici mesi batte in maniera prepotente sul capo di gente delusa, affranta, a cui specifici soggetti hanno rovinato una favola tanto bella da esser degna dei più ispirati Fratelli Grimm. Un cielo cupo, a tratti grigio ed a tratti nero come la pece, la cui assenza di splendore poteva esser colmata da un solo individuo: un comandante- per alcuni, molteplici calciatori, quasi un dittatore - in grado di portare sulle spalle il peso di intere popolazioni devote ad un banale gioco senza mai deluderle. Tutt'al più, sorprendendolee trasformandole in obbedienti sudditi il cui sentimento più sincero nei suoi riguardi è la riconoscenza. I più grandi condottieri, però, non conquistano la fiducia del proprio esercito unicamente attraverso le guerre vinte sul terreno di battaglia, ma anche - e soprattutto - mediante l'utilizzo dell'arma più potente che il Signore all'essere umano abbia mai donato: la parola. Un gentile omaggio che il tecnico pugliese ha saputo in passato e - senza alcun dubbio - saprà ancora sfruttare al meglio delle proprie potenzialità nel presente che corre. Per dare una dimostrazione pratica di quanto scritto poc'anzi, la redazione di CalcioNapoli1926.it ha pensato di racchiudere in un unico articolo i dieci aforismi più simbolici e che maggiormente riescono a rappresentare nella sua totalità il carattere, la persona del mister di Lecce.

"Gufi, state a casa!"

—  

Partiamo da una dichiarazione divenuta oggigiorno, col passare del tempo, oggetto di "meme" - adoperando un linguaggio tipico dei social network - e di "sfottò" tra amici ed appassionati di pallone. Ma in quel pomeriggio di un ormai lontano febbraio 2011, ci fu veramente poco da ridere per giornalisti e - in particolar modo - per i tifosi del Siena. Vigilia di una sfida di campionato - Serie B - col Modena - annata che, tra parentesi, si concluderà con una storica promozione per i toscani nella massima serie italiana -: Antonio Conte, stufo delle continue lamentele - secondo lui, ingiuste - rivolte dalla piazza nei suoi confronti, oltre che in quelli dei calciatori, decide di dilettarsi in un lungo e dannatamente coinvolgente discorso di risposta, sfogando la propria frustrazione dinanzi ai media presenti in conferenza stampa. Il colpo di grazia, quasi allo scadere di cinque minuti d'ininterrotta parlantina, lo dà urlando a pieni polmoni: "Chi viene allo stadio per criticare la squadra, non vuole il bene del Siena! Difenderò questi ragazzi con le unghie e con i denti contro questi pseudo-tifosi!". "Pseudo-tifosi" che qualche istante più tardi etichetterà con l'iconico ed intramontabile nome di "gufi". Un momento che potremmo metaforicamente definire come la "nascita" di uno dei personaggi calcistici più influenti del XXI secolo.

"Sono antipatico perché vinco? Non è un problema mio!"

—  

A distanza di un anno ed una manciata di mesi, le strade dei Robur e del tecnico salentino tornano ad incrociarsi, ma - purtroppo - non per questioni felici. Reduce dalla conquista del primo - sorprendente - Scudetto dei tre con i quali contribuirà ad attribuire maggior prestigio al palmares della Juventus Football Club, oltre che al proprio, e che segneranno il ritorno ad un passato glorioso per la Vecchia Signora, Antonio Conte viene indagato nel maggio del 2012 dalle autorità competenti per calcioscommesse. Partita incriminata: Novara-Siena 2-2, aprile 2011. A "vuotare il sacco" è Filippo Carobbio, suo ex calciatore, di ruolo centrocampista, e ad oggi allenatore della Folgore Caratese. L'allora quarantatreenne originario della Puglia verrà poi assoltoda ogni tipo di accusa, esponendo successivamente alle televisioni pubbliche la ragione di un accanimento cotanto fitto verso di sé... alla sua maniera: "Sono antipatico perché vinco? Non è un problema mio!".Spocchia e consapevolezza dei propri mezzi: l'identikit ideale di un uomo che vive, che respira calcio dalla mattina alla sera.

"Più vai in vetta e più sono forti le folate di vento"

—  

Tradotto in gergo popolare: "Più occupi la vetta, maggiormente avverti la pressione e la gente - cattiva - tifa per un tuo fallimento". Folate di vento o pressione che sia, il Napoli targato 2023/24 ha dimostrato, con i fatti, di fronte all'Italia intera, di essere incapace nel contrastare tali forze. Di essere, senza mezza termini, una formazione debole. Forse, anzi, quasi certamente perché a guidare tale formazione non vi era colui che sensazioni ed emozioni come quelle appena descritte non le ha mai conosciute.


"Chi vince, scrive la storia. Chi arriva secondo, ha fatto un buon campionato, ma non ha fatto la storia"

—  

Oppure, come affermato durante un'intervista rilasciata a "Belve", programma di casa Rai condotto da Francesca Fagnani: "Chi vince, scrive la storia. Gli altri possono soltanto leggerla". Ancora una volta, come in occasione della seconda frase citata, l'immagine che il pubblico rischia di percepire dall'esterno è quella di un soggetto dall'ego inquantificabile. Non che al protagonista dell'editoriale che state leggendo interessi particolarmente, ma per coloro che hanno dipinto in mente un tale ritratto del mister tricolore, pongo il seguente quesito: Quante volte noi cuori partenopei siamo rimasti a bocca asciutta e limitati esclusivamente a dover leggere la storia presente negli almanacchi di questo sport? E quante volte tale storia ci è stata scritta direttamente in piena faccia dal figuro "arrogante e presuntuoso"? È una domanda retorica, non c'è bisogno che rispondiate. Limitatevi unicamente ad immaginare un quadro mozzafiato rappresentante la Storia personificata che siede sul trono degli eterni secondi.

"Quando ti siedi in un ristorante dove si paga 100€, non puoi pensare di mangiare con 10€"

—  

Ogni "essere perfetto" ha il proprio "tallone d'Achille", anche il più infallibile dei generali. Quello di Antonio Conte è pubblicamente noto: l'Europa, Champions League o fu Coppa Uefa che sia. Un argomento riguardo cui il Napoleone Bonaparte dei giorni nostri si è divertito nel fare ironia sin dal proprio battesimo ad alti livelli, come guida tecnica juventina (sua fede viscerale dal giorno zero). "La sfida di riuscire a vincere in Europa con la Juventus, la sua creatura, non è un qualcosa che le dà uno stimolo per fare ancora meglio, per scrivere ancora di più la storia?". E lui, mai banale: "Quando ti siedi in un ristorante dove si paga 100€, non puoi pensare di mangiare con 10€". Un'uscita ricordata - ancora oggi - come una delle più infelici del triennio zebrato, ma che, più di un decennio dopo, si può concordare su quanto abbia anticipato i "tempi bui" in campo internazionale per il sistema nostrano.

"Voglio solo grandi uomini, dentro e fuori dal campo"

—  

Antonio Conte e la nazionale italiana:un'avventura tanto breve quanto memorabile. Una serie di scelte - almeno ai nastri di partenza - discutibili. Ventitré convocati per la spedizione francese di Euro2016 messi uno ad uno in discussione da ben sessanta milioni di commissari tecnici. A posteriori, come spesso capita, o meglio, come sempre capita, ebbe ragione lui, nonostante l'eliminazione ai quarti di finale della competizione contro la Germaniacampione del mondo. D'altronde, il comandante Antonio aveva già riassunto con largo anticipo quale filosofia di pensiero avrebbe adottato in qualità di portabandiera dello Stivale nel suolo transalpino: "In Nazionale chiamerò chi lo merita. Voglio solo grandi uomini, dentro e fuori dal campo". Una citazione banale, ne sono cosciente, ma che rimanda l'inconscio di noi romantici alle parole di un altro comandante, nonché attuale CT dell'Italia: "Uomini forti, destini forti. Uomini deboli, destini deboli. Non c'è altra strada".

"È il campo che parla. Da sportivo, l'unica mia preoccupazione è trasferire questo pensiero ai calciatori"

—  

C'è una regola che l'uomo abitante del pianeta Terra, per tutta la durata dell'esistenza e di occupazione del geoide in questione, non deve commettere il - purtroppo frequente - errore di violare: mai dimenticare le proprie origini. Mai dimenticare da dove si è partiti per raggiungere l'alta posizione che occupiamo all'interno della piramide sociale. E come dimostra il periodo in grassetto qui sopraccitato, il generale di Lecce, questo sbaglio, non l'ha mai commesso. Anche lui, prima di governare, ha dovuto obbedire. A gente di spicco, peraltro; gente del calibro di Giovanni Trapattoni, Marcello Lippi e Carlo Ancelotti. E grazie alla supervisione di questi, ha imparato una lezione, per certi versi, la più importante: l'ultima parola spetta sempre al rettangolo verde. Chi vince, ha sempre ragione. Chi perde, deve accettare la sconfitta. E ripartire, ad un'intensità ancora più elevata.

"Continuate a cercare alibi per i calciatori"

—  

"Voi giornalisti non fate altro che cercare alibi per i calciatori. Siamo dei professionisti: il club ci paga molti soldi. I giocatori ricevono soldi. Io ricevo soldi. E non per cercare scuse o per giocare senza spirito o per non mostrare senso d'appartenenza o di responsabilità. Perché è quello che stiamo mostrando e, per me, è inaccettabile. È la prima volta nella mia carriera che mi trovo in una situazione del genere. Evidentemente è tutto dovuto al fatto che sono abituati così... A non giocare per qualcosa di importante. Non vogliono giocare sotto pressione: facile così. La storia del Tottenham è questa. Venti anni con gli stessi proprietari che non hanno mai vinto nulla. Ma perché? È colpa soltanto del club? O di ogni allenatore che è stato qui? Ed ho visto gli allenatori che il Tottenham ha avuto...". Nient'altro da aggiungere.

"Per vincere ci vogliono testa, cuore e gambe. Non in quest'ordine preciso"

—  

Tre semplici principi. Tre valori che rispecchiano alla perfezione il calcio di Antonio Conte. Tre doti umane ribadite e messe in chiaro in occasione della conferenza stampa pre Cagliari-Juventus. Esatto, proprio quel Cagliari-Juventus. L'atto conclusivo di un'annata in cui condusse il presidente Agnelli e soci ad un insperato trionfo a discapito del Milan, della corazzata rossonera di Massimiliano Allegri e - tra gli altri - di Zlatan Ibrahimovic. Tre concetti chiave che sono mancati e che sarà suo compito far riaffiorare nell'animo dei componenti dello spogliatoio partenopeo.

"Non è che ti svegli la mattina e dici: "Oggi vinco!". C'è un percorso da rispettare e non ci sono scorciatoie"

—  

Concludiamo con quella che - quantomeno secondo il sottoscritto - è l'espressione più rilevante e - soprattutto - è più fondamentale che i supporters azzurri si stampino nel cranio in vista dei dodici mesi che seguiranno. "Per vincere, c'è un percorso da rispettare e non ci sono scorciatoie".Parole di un allenatore nel cui sangue scorre l'oro. Napoli è una piazza esigente, inutile negare l'evidenza, ma ciò che la società richiede - e che la tifoseria in primis dovrebbe richiedere - a "mister primo posto" è un compito assai arduo: entrare nella testa di calciatori visibilmente spenti e privi della giusta motivazione. Ma se c'è un individuo, in mezzo ad otto miliardi di organismi che popolano Gaia, in grado di portare a compimento la suddetta, complicata missione, quello è Antonio. Figlio di papà Cosimino e mamma Ada. Fratello di Gianluca. Marito di Elisabetta e genitore di Vittoria. Dategli tempo, perché per quanta strada ancora c'è da fare, amerete il finale.

A cura di Alex Iozzi

© RIPRODUZIONE RISERVATA