editoriali

“Ubi tu ibi ego” (I segnali erano chiari)

Conte Inzaghi
"Ovunque tu sei, io sarò con te": una frase che collega Napoli e Inter ma che spiega anche l'essenza della squadra di Conte
Giovanni Frezzetti
Giovanni Frezzetti Caporedattore 

Ubi tu ibi ego è un'antica locuzione latina che si utilizzava per definire il rituale delle nozze dove gli sposi si promettevano amore eterno (nella forma originale aggiungendo Gaius e Gaia). La frase si può tradurre con "Ovunque tu sei, io sarò con te": ecco, Roma-Napoli e Milan-Inter hanno seguito questo copione: i segnali erano chiari. In questo caso, non è amore tra Conte ed Inzaghi ma si parla di destini incrociati con due gol nei minuti di recupero: a braccetto fino alla fine, spalla a spalla per lo scudetto. Ma non solo, gli azzurri hanno dimostrato pienamente di incarnare questo "Ubi tu ibi ego".

"Ubi tu ibi ego": come gli antichi romani

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Un nulla di fatto dunque dopo questa giornata, un punto a testa per Napoli ed Inter che sorride più agli azzurri per due semplici motivi: la squadra di Conte è avanti in classifica e i nerazzurri devono ancora battagliare con la Fiorentina nel recupero; lo scontro diretto si giocherà al Maradona. Dunque, un punto guadagnato per il Napoli che continua la sua striscia di imbattibilità nonostante un mese di continue distrazioni derivanti dal mercato. E a proposito di segnali, con la Roma gli azzurri hanno fatto la gara che dovevano fare. Se addirittura segna Spinazzola su assist di Juan Jesus, vuol dire che il famoso "Noi" evocato da Conte esiste davvero ed è tangibile: un gioco di squadra e tutti uniti, nella gioia e nella sofferenza. "Ubi tu ibi ego", ognuno segue l'altro, il gruppo è solido e i meriti sono sicuramente dell'allenatore che ha risollevato una situazione disastrosa ed ha riportato il Napoli a lottare per lo scudetto. E se non dovesse arrivare, nessun rammarico e nessuna scusa: non c'entra il mercato o l'addio di Kvara o altri fattori, gli altri (l'Inter saranno stati più bravi). Ecco, dovranno guadagnarselo forse proprio in quello scontro diretto al Maradona.


Ma questa squadra non mollerà fino alla fine: ha una sofferenza intrinseca, ma proprio in quella sofferenza tira fuori la sua compattezza che è l'arma in più di questo Napoli. L'unione è la costante di questo finale di campionato: intendiamo un unione di intenti, come quella lasciata trasparire da Conte in conferenza (solo i maligni ci hanno visto qualche stoccata al presidente). Certo, il famoso problema non è stato risolto, ma solo tolto: ma questa è l'unica pecca di una stagione fino ad oggi perfetta. Ma neanche questa può essere interpretata come una critica. Sfidiamo chiunque a dire che con altri giocatori a disposizione in panchina, Conte avrebbe giocato diversamente la gara con la Roma. Basta conoscerlo, ha le sue idee e legge la partita momento per momento. Nel finale bisognava difendersi, come fatto altre volte: ma non sembra può andare bene. Oggi possiamo solo elogiare lo spirito e il percorso fatto da questa squadra. Una costante crescita di mentalità e gioco che hanno portato a questi risultati e a questa classifica per la quale, giustamente, Conte avrebbe firmato (e anche noi). E allora insieme, fino alla fine: "Ubi tu ibi ego", il Napoli nella sua unione, e con l'Inter in una contrapposizione legata a doppio filo, tutto proprio come un matrimonio romano.

A cura di Giovanni Frezzetti

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