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editoriali

Spalletti ha tirato a sé l’intera squadra: poche altre volte è successo nella storia del Napoli

Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Forse qualcuno ora capirà ancor meglio il valore di quella stagione del 2018, che i più ora rinnegano solo perché Sarri andò alla Juve. Il Napoli di quest'anno non è stato solo bellezza, ma ad un certo punto si è fermato

Il Napoli non è riuscito e non riuscirà a battere il record di Maurizio Sarri del 2018. Pure nella stagione della superiorità assoluta, dei Quarti di Champions. È stato un anno migliore di quello in tutto e per tutto, eppure ne resterà intaccato il valore numerico. E si diceva se non lo vinciamo quest'anno, non succederà più. Alla fine il Napoli ha vinto lo stesso perché se ne frega altamente dei luoghi comuni e di ciò che si dice in una delle città più calcisticamente disfattiste d'Europa. Colpa di alcune frange di tifoseria ma anche dei giornali, dei media locali e nazionali che si occupano del Napoli che già sanno che andranno via Kim e Osimhen, hanno i microchip nelle case di Luis Enrique, Italiano, Thiago Motta, Dionisi, De Laurentiis. Intanto il Napoli squadra pareggia rimontato a Bologna e fa 87 punti in 37 partite, battendo innanzitutto la quota Scudetto dell'anno scorso (il Milan vinse con 86 ndr) ed eguagliando lo stesso record che Spalletti siglò con la Roma di Salah, Dzeko e Pjanic. Osimhen vincerà la classifica cannonieri. Spalletti verrà ricordato a vita.

Dall'Ar(i)a d'addio?

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Un po' diverte che in città ora ci sia fermento e interesse per l'anno prossimo quando c'è chi ha sempre detto mi basta uno Scudetto, poi possiamo anche retrocedere (o anche avrebbe preferito uno Scudetto e tanti ottavi posti a 10 anni sempre in Europa). Ah, quindi esiste un futuro? Una programmazione e un progetto da gestire? Nella sua medietà lo spettatore napoletano non ha mai pensato al "dopo". Ora si chiede che la stagione sia quanto meno come questa, che i giocatori restino tutti, che l'allenatore non sia stanco, che Giuntoli dopo 8 anni non cerchi scatti professionali. Ma il calcio si fa coi giocatori! E quelli del Napoli sono forti: così anche a Bologna, poi Spalletti cambia i connotati di un undici che ha dominato l'Europa e chiaramente il Bologna rimonta, con la sua freschezza e qualche episodio casuale. De Silvestri che segnò anche in un Napoli-Torino nel 2018, ma lo Scudetto era perso. In quella giornata segnò un gran gol Hamsik da fuori area e fece record col Napoli, oggi Osimhen ha di fatto vinto la classifica dei marcatori. 25 gol li aveva fatti solo Ibra con l'Inter campione, poi negli altri due casi mai a queste cifre così importanti. Osimhen è importante: allunga la tua squadra e quella degli altri come un elastico che poi, quando torna a posizionarsi flaccido, fa danni perché restituisce un impatto. Un vuoto. In quel vuoto ci sono i centrocampisti, c'è un trio Zielinski-Anguissa-Lobotka che è il più equilibrato che si sia mai visto a Napoli se non forse in Serie A. Strepitoso anche chi ha pensato alla loro compatibilità e li ha schierati.

Non dovrebbe essere difficile per l'allenatore che succederà sul trono a Luciano Spalletti: gli basterà non fare danni ed avere una testa calcistica immersa nel 2023, non nell'italianismo tossico. Al resto dovrà pensare la società. Il Napoli ha vinto senza proclami e l'anno prossimo sarà la grande favorita, avrà la maglia con lo Scudetto in petto. Dovrà essere all'altezza. I calciatori dovranno da subito essere in grado di capire - senza nostalgia - che il fulcro di un ciclo possono essere (anche) loro. Da dire c'è che non è stato piacevole terminare un'annata così importante, con un verdetto praticamente già sancito da febbraio, sentendo i dibattiti su chi abbia ragione tra De Laurentiis e Spalletti. Con un capo del filo che tende verso l'allenatore che avrebbe anche "sopportato troppo a lungo" i clamorosi soprusi del patron. Con un altro canto, un'altra campana che invece parla di De Laurentiis sempre perfetto e sul pezzo, col mister che ha un caratteraccio permaloso e non ha saputo gestire Totti e Icardi. Sempre la stessa solfa. La realtà è che nei rapporti di lavoro c'è bisogno di spartirsi i meriti, De Laurentiis questo sa farlo poco. Sempre nei rapporti di lavoro c'è bisogno di saper tamponare e disinnescare. Spalletti sa farlo poco, questo. È la storia di due uomini che hanno difetti come tutti noi che lavoriamo, che scriviamo, che ci relazioniamo. Non è per questo che si interromperà il rapporto, né per una stupida PEC. Attenderemo poi di capire che partecipazione ci sarà da parte della squadra alla festa del 4 giugno: se sarà più una forzatura, un saluto finale di campo o se la gioia si riproporrà. Anche da lì perverranno dei bei segnali.

Con buona pace di tutti, il Napoli ha chiuso la stagione con 15 vittorie fuori casa, con un calcio straordinario in certi spezzoni di campionato. Con una continuità clamorosa data dalla convinzione dei propri mezzi e anche dal timore inculcato nelle avversarie, che poco conoscevano cosa si sarebbero trovate di fronte. L'anno prossimo sarà complicato, molto più di questo perché tutta una serie di dinamiche saranno già viste. Forse quel pizzico di imprevedibilità lo daranno i nuovi acquisti che completeranno il centrocampo e la difesa, oltre che qualche aggiunta di sfarzo del nuovo allenatore (che non sarà Conte, non sarà Gasperini e forse nemmeno Palladino: non ci vuole un genio a capire che non avrebbe alcun senso). Ci lasceremo di nuovo sorprendere. Ma, per citare Dries Mertens: Napoli, quanto ci siamo divertiti?


A cura di Mattia Fele

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