Difficilmente una squadra così meno blasonata delle altre aveva dominato ampiamente un campionato. Fatta eccezione per il Leicester, che beccò anche una stagione in cui bastarono poco più di 80 punti per vincere la Premier. Il Napoli ne ha fatti 90 e rischiava di farne 100. Il punto è anche il come: Spalletti ha vinto con le idee, con il gioco. Con il calcio relazionale, che è una visione super-evoluta ma anche basilare di ogni sport di gruppo. Incidere sulle intese. Nessun altro ci era riuscito se non Sarri, che però quelle intese le aveva trovate naturalmente grazie alla rosa che aveva a disposizione. Ha poi inventato Dries Mertens, ma anche lì si potrebbe parlare di fortuna. Creare Giovanni Di Lorenzo e Victor Osimhen, dare vita a Lobotka come metronomo beh, è stato merito ampio della guida tecnica dell'anno scorso. Atipica ma troppo, troppo forte.
Eppure la vittoria non ci ha salvati. Non ci ha reso migliori ma deliranti. Ci è bastata perché la bellezza ci ha accecati. Questo è successo: il Napoli chiude il 2023 all'ottavo posto dietro al Bologna, alla Fiorentina, alla Roma. Inspiegabilmente. Mentre qualunque tifoso ancora guarda interviste e documentari su uno Scudetto che risale a soli 7 mesi fa. Sembra già una vita. Prima De Laurentiis col mercato degli scontenti non accontentati, poi con la scelta di Garcia e con le colpe sue e del preparatore atletico. Poi con la toppa non messa dopo Napoli-Fiorentina, poi con la toppa messa ma (forse?) sbagliata: il ritorno di Mazzarri, che al momento non ha cambiato assolutamente niente. Lo dicono i numeri e dobbiamo accettare anche questo. È un passo indietro gigante che rischia di far ritrovare il Napoli nella dimensione degli ultimi dieci anni e non in quella degli ultimi 10 mesi. Questo perché tutti - chi scrive compreso - hanno vissuto il trionfo come una scorpacciata troppo intensa, come il traguardo. Come se tutti si fossero chiesti: e ora come funziona? Cosa che nel triangolo nordico a strisce non si chiedono mai, perché sono abituati. O se non lo sono, glielo insegnano. Perché hanno società longeve che durano ininterrotte da 100 anni, non dal 2004 come il Napoli di De Laurentiis. Tanti errori, tante macchie. Per un 2023 da 10 fino a giugno, da 4 fino a dicembre. Una bella media dell'8 che non deve far dimenticare nulla, bensì far prendere un'altra rincorsa per risalire dove si stava così bene. Per cui oggi, che è tempo di bilanci e brindisi, alziamo i calici e prendiamoci il tempo di gustarci da capo e con più serenità tutte le emozioni che lo Scudetto ha generato. Sentiamoci di nuovo in piazza.
Buon anno a tutti.
Di Mattia Fele
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