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ROMA - Quel che doveva essere non è stato. Cercato, trovato, voluto, scelto, chiamato, sedotto e abbandonato, preso e mollato. E’ l’incredibile storia di Wesley Moraes Ferreira da Silva, anni 21, attaccante brasiliano pluricampione con il Bruges, pluridecorato in Belgio, miglior giovane della Jupiler League 2017-18, nato vincitore. In una parola un “crack”. Se fosse andata come sarebbe dovuta andare... oggi Wesley indosserebbe la maglia della Lazio, oggi Wesley sarebbe il vice Immobile. Oggi, forse, si conterebbe qualche suo gol. Non è andata, eppure... Era tutto fatto da maggio. Wesley, con Acerbi, è stato uno dei primi obiettivi puntati dal diesse Tare, agendo nell’ombra, pescando lì dove aveva pescato Milinkovic. Era Wesley la sua ultima scoperta, un gigante di 1,91. Il gol nel sangue, un fisico bestiale, la tecnica verdeoro. L’attaccante e la Lazio erano d’accordo su tutto, ma proprio tutto. Wesley e il suo manager, Paulo Nehmy (un premio alla pazienza), hanno aspettato la richiamata fino ad agosto, ma l’affare era sfumato a fine luglio. Inzaghi, pensando ad altre priorità, ha preferito continuare con Caicedo confermando da terzo centravanti Alessandro Rossi, baby rampante cresciuto in “famiglia”. Wesley s’è messo l’anima in pace, è stato corteggiato dal Borussia Dortmund, su di lui avrebbe chiesto informazioni il Paris Saint-Germain (è stato scritto in Francia). Era e sarà un osservato speciale. E’ finita così: niente Lazio, ha rinnovato col Bruges fino al 2023, la firma è fresca di giorni. Wesley per tutta l’estate ha pensato alla Lazio, s’è immaginato a Roma, in serie A, da vice Immobile e al suo fianco. Nell’intervista che ci ha concesso ha ammesso di aver provato un pò di frustrazione, ma ha preferito parlare del futuro.
Wesley, come sta? Lunga l’estate... Lazio sì, Lazio no. Alla fine è rimasto al Bruges, ha segnato tre gol nelle prime cinque partite stagionali, ha vinto una Supercoppa e rinnovato il contratto fino al 2023 con ricco ritocco economico. Non è andata proprio male...
«Vivo uno dei migliori momenti della mia vita. In estate si è parlato molto di mercato, ma non mi abbatte niente. Penso a giocare a calcio, il mio manager si occupa delle trattative. Sono felice per l’interesse che hanno dimostrato varie squadre. Sono un giocatore del Bruges e penso a vincere con il Bruges. Ho rinnovato il contratto e ringrazio il mio club per la fiducia».
Era fatta con la Lazio, era solo questione di tempo. Poi è cambiato tutto. Ci è rimasto male? È arrabbiato? Pensa ci possa essere una nuova occasione in futuro?
«Non è andata... Il mio manager dice sempre “il gioco finisce quando l’arbitro fischia”. La Lazio può esserci nel mio futuro, è un grande club del panorama mondiale. Ma adesso il presente dice Bruges, dice Champions League. Rigiocherò nella competizione più importante e questo mi rende felice».
Wesley, lei è bicampione con il Bruges (due scudetti), ha vinto una Supercoppa ad agosto, il gol decisivo è stato suo. Qual è il segreto del suo successo? Lei è esploso dal nulla.
«Sono molto contento di tutto ciò che ho realizzato con il Bruges, nel calcio belga. E mi rende felice la stima che trasmettono il club, i compagni, gli allenatori. Tutto questo mi ha fatto crescere, mi ha fatto diventare più forte. Per me è davvero un momento magico».
Quali sono i suoi nuovi obiettivi?
«Voglio continuare a giocare così, a segnare, sogno la prima rete in Champions».
Pensa di rimanere per molti anni in Belgio o aspetta una nuova chiamata?
«Il Bruges è un club importante, molto importante. È dotato di una struttura di lavoro che aiuta molto la crescita di un calciatore. Di fatto è stato il primo grande club in cui ho giocato in carriera. È stato il Bruges ad aiutarmi, a farmi crescere. E io amo quello che faccio. I dirigenti mi hanno riconosciuto un contratto importante, all’altezza del mio valore, questo mi conferisce molta responsabilità nei loro confronti e voglio ripagare la fiducia, ancora di più rispetto a quanto ho fatto».
Lei ha lasciato il Brasile da ragazzino, a 15 anni. Oggi può tornarci con la maglia della nazionale, dalla porta principale.
«Innanzitutto voglio continuare ad aiutare la mia famiglia, vive in Brasile. Il mio futuro lo affido nelle mani del Signore, ma cercherò di aiutarlo... (risata, ndr). È vero, ho iniziato a giocare prestissimo in Brasile, ma sono andato via da giovane. Il mio sogno era giocare a calcio, non ho avuto l’opportunità di farlo in un club professionistico brasiliano. E ho provato a sfondare in Europa». Corriere dello Sport.
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