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Le comprano per passione (sempre più di rado negli ultimi anni) oppure per far soldi apparentemente facili, o ancora per “changing business”, per urgenza di consenso e obiettivi politici, perché “è un’occasione imperdibile”, per semplice speculazione, molto spesso per cattiva informazione. Le comprano senza sapere di calcio e trascurando i problemi derivanti dalla gestione di un’azienda atipica, irregolare; un’azienda che chiede insistentemente denaro, idee, competenza e fortuna per produrre emozioni, risultati, profitti.
Le comprano carichi di entusiasmo e ottimi propositi ricevendo le prime e talvolta uniche gioie: ma dopo qualche anno in altalena emotiva si accorgono che il calcio pretende soltanto e non contempla la gratitudine, perché è un’industria nella quale uno vince e tutti gli altri perdono. Titoli, denaro e serenità. Quando poi il tifoso-cliente comincia a lamentarsi apertamente o scende addirittura in strada, quando i giornali e le tv non risparmiano critiche e accuse e insulti, quando il consenso sparisce per far posto all’indigeribile, angosciante protesta, cresce la voglia di mollare tutto ma non si trova qualcuno disposto a rilevare il pacchetto, diventato nel frattempo un pacco.
Le difficoltà aumentano in modo esponenziale quando, quasi subito, i presidenti si rendono conto che i loro interessi e progetti raramente collimano con quelli dei colleghi della concorrenza e che è impossibile fare sistema e percorrere una direzione comune oltretutto in un Paese dominato dalla burocrazia e portato a moltiplicare gli ostacoli (penso anche a un Palazzo che nonostante il Sudafrica, il Brasile e la Russia non ha avuto la forza né la capacità di cambiare: mi aspetto la svolta da Gravina).
E allora i presidenti diventano schiavi più o meno ricchi; schiavi di una situazione rischiosissima dalla quale sembra impossibile uscire. E le cose peggiorano sensibilmente poiché viene a mancare la voglia di lottare, investendo in qualcosa in cui non si crede più. Così, da Palermo, il caso attualmente più grave, a Firenze, da Roma a Milano, il calcio trasmette solo disillusione, l’opposto della speranza. Che è business. A questo punto direte: sei qui per raccontarci una verità incontrovertibile, senza speranza? Sei la Pravda o il Corriere dello Sport? Sai cosa sono i sogni? Lo so, lo so. E infatti il sogno continua, la speranza è in vendita. Anche in regalo. Ammesso che i presidenti abbiano soprattutto voglia di divertirsi. Il calcio è vietato agli imprenditori assennati. Ridateci i Ricchi Scemi di Onesti. Corriere dello Sport.
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