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ROMA - Da trent’anni e passa non c’è derby di Milano senza un’intervista a Mazzola (o a Rivera). Da venti non c’è Juve-Inter senza un’intervista a Gigi Simoni. Da dodici non c’è Mondiale senza un’intervista a Marcello Lippi. E allora noi, fedeli alla tradizione e originali come non mai, a poche ore da Inter-Milan ci risistemiamo il Baffo. Anche per il piacere di riscoprire la sua forte vena di ironia improntata a un’amarezza di fondo. Sandro Mazzola è la storia del calcio e tante storie di calcio, talvolta dolcemente imprecise, un uomo-leggenda che ho avuto la fortuna di frequentare ogni giorno per oltre un mese nel 2010, a Johannesburg, durante il Mondiale. In quella specie di resort-lager recintato col filo spinato nel quale avevano recluso i giornalisti italiani i suoi racconti vintage e i suoi ritratti a memoria alleviarono l’inevitabile prigionia della noia.
Sandro, a 76 anni si sogna ancora?
«A quanti anni, hai detto?»
Settantacinque e undici mesi.
«Quanti?»
D’accordo, a quaranta si sogna ancora?
«Lascia stare, proprio oggi: è da quando mi sono svegliato che cerco di ricordare il sogno che stavo facendo. Dico sul serio. Era una partita, la stavo giocando e il sogno si è interrotto bruscamente forse perché avevo sbagliato qualcosa, non ricordo se un passaggio o un gol, o non so cos’altro». Corriere dello Sport.
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