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Prandelli: “Potrei fare il direttore tecnico. Spalletti si è presentato a modo suo”

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L'ex tecnico della Fiorentina ha parlato del suo futuro, ma non solo. Infatti ha commentato l'approccio del nuovo commissario tecnico dell'Italia
Sara Ghezzi

Cesare Prandelli dopo l'ultima esperienza alla Fiorentina non è tornato ancora in panchina. In occasione del premio Etica e Sport a Montecarlo ha rilasciato alcune dichiarazioni a Tuttomercatowebparlando anche del suo futuro. A seguire le sue parole.

Prandelli: "Potrei fare il direttore tecnico. Spalletti si è presentato a modo suo"

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"Io ho sempre cercato di coinvolgere anche la società. Il fine settimana volevo sempre un dirigente presente alla riunione per fargli capire cosa avevamo fatto in settimana. È molto complicato ricoprire ruoli come quello di direttore tecnico, le società sono già strutturate ed ho rifiutato delle opportunità, ma sono convinto che, prima o poi, se ci sarà un presidente che vuole fare calcio, allora si può fare".


Mancini ha lasciato l'Italia e subito dopo ha firmato per l'Arabia Saudita? Si è mai sentito più lontano di così dal calcio di oggi?

"Non rispondo, non ho mai parlato delle scelte degli altri. Chi sono per discuterle? Sui tempi e i modi potremmo discuterli, ma sul resto niente da dire. Io non l'avrei accettata? No, forse avrei fatto di peggio":

Che pensa di Spalletti come ct dell'Italia?

"Si è presentato a modo suo. Hanno cercato da subito di avvicinare la gente alla Nazionale, che rappresenta tutti. Chi rappresenta un Paese deve anche reggere le pressioni e avere dei comportamenti da Nazionale. Sono stato contento e felice di ciò che ha detto, non ha toccato temi tecnici e tattici, ma comportamentali. Può migliorare e migliorerà l'aspetto tecnico, ma dal punto di vista del comportamento devi essere preciso".

Si vedrebbe bene a lavorare con i giovani?

"L'ho fatto per tanti anni, ho iniziato così e ci ho pensato tanto prima di iniziare la carriera con gli adulti. Il problema non è tanto cercare di educare o far crescere i ragazzi, loro capiscono. Il problema sono i genitori, ho avuto tante difficoltà, poi a distanza di anni mi hanno chiesto scusa. Mi dicevano che non dovevo educare perché ero un allenatore, ma non è così... Quando facevamo le selezioni era molto complicato. All'Atalanta c'era sinergia tra di noi e io proposi di lasciare a casa e non far fare tornei a chi era in difficoltà a scuola per recuperare. Dirlo ai ragazzi era semplice, ma le telefonate dei genitori erano un problema. Bisognerebbe educare prima loro, poi forse...".

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